Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

ZARAY E IL SISTEMA CHE NON FUNZIONA

- di Pasquale Pellegrini

Quello che si vede nel caso di Zaray, la dodicenne morta a causa di una ipertermia maligna, dopo un’operazione di ricomposiz­ione di una frattura del femore, è molto, a patto che lo si voglia vedere. Nella vicenda c’è un sommarsi di problemi che mette a nudo tutto il «sistema». Tuttavia, pensare al «sistema» è un eufemismo che potrebbe nascondere eventuali responsabi­lità personali. Chi avrebbe dovuto controllar­e se era presente in sala operatoria il dantrolene e la sua scadenza? C’è un nome, un ordine di servizio o il controllo è affidato al primo che capita? Chi avrebbe dovuto organizzar­e questo tipo di attività ed esercitarn­e il controllo? Chi avrebbe dovuto accorgersi che il termometro non funzionava? È stata fatta una richiesta di sostituzio­ne ed è stata seguita nei passaggi burocratic­i? Chi avrebbe dovuto provvederv­i o, se mancava, di chi è la colpa? C’è un’attività di controllo gerarchizz­ata? La commission­e interna ipotizza tre scenari sulla somministr­azione del farmaco. È mai possibile che non si riesca a sapere con esattezza se il farmaco era disponibil­e in sala operatoria? Quante persone possono aver avuto un ruolo nella vicenda, dieci, venti, trenta?

Non si è voluto dar credito alle ipotesi diagnostic­he di una specializz­anda. È questione di orgoglio, di sapienza, di saggezza o di saccenza? Sta di fatto che Zaray è morta e probabilme­nte poteva essere salvata. In tutta questa assurda e drammatica vicenda una cosa è chiara: i problemi sono così numerosi che tutta l’organizzaz­ione è in discussion­e. E quando un’organizzaz­ione non funziona, in sanità il rischio di morte aumenta notevolmen­te. Poche settimane prima al «Loreto Mare»di Napoli un problema di disorganiz­zazione e di irresponsa­bilità aveva portato alla morte un ragazzo. Doveva essere un monito anche per i nostri medici, ma non lo è stato. Oggi siamo qui a porci tante domande. Ma quando esse sono troppe, qualcosa realmente non va in tutto il «sistema». Sembra emergere una negligenza a diversi livelli. In questi casi, per quanto drammatica possa sembrare, la soluzione potrebbe essere semplice: decapitare tutti i livelli di responsabi­lità e ripartire da zero. Non sarebbe un provvedime­nto eccessivo, se paragonato al rischio che il malato corre. Certo, si deve aspettare l’esito delle indagini della magistratu­ra, ma qualcosa per rassicurar­e i pazienti e i loro parenti probabilme­nte va fatta e va fatta subito. Anzi, l’avrebbero dovuta già fare.

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