Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Polo del Contemporaneo il Pubblico non abdichi
Il ruolo del Pubblico resta fondamentale per gestire il futuro sistema espositivo barese
Quando nel 2010 l’amministrazione Emiliano avviava in città la realizzazione del «Polo del Contemporaneo», sul Margherita campeggiava un’opera di Marko Lulic con la scritta: «Il Museo della Rivoluzione». Un sistema museale complesso come quello barese (Sala Murat, Margherita, Mercato del pesce) non può che realizzarsi nel segno della «rivoluzione del museo».
Quando nel 2010 l’amministrazione Emiliano avviava in città la realizzazione del «Polo del Contemporaneo», eleggendo quale sede dello stesso la trilogia monumentale costituita dalla Sala Murat, ex Mercato del Pesce e teatro Margherita, comparve su quest’ultimo edificio una grande opera dell’artista austriaco Marko Lulic riportante la scritta: «Il Museo della Rivoluzione». L’opera sottintendeva un ossimoro, non il Museo della Rivoluzione piuttosto la Rivoluzione del Museo!
Era altresì il paradigma culturale che ispirava il disegno di politiche culturali di quella amministrazione: un sistema dell’arte fondato su due principali assets, un hub della creatività artistica nella Rossani e un hub della Contemporaneità nella trilogia monumentale di cui prima.
Si definì allora il progetto museologico e museografico, finanziario e gestionale del Polo del Contemporaneo coinvolgendo importanti advisor committee di rilievo nazionale e non solo: l’obiettivo era quello di un Museo dinamico e mutante, formativo per la comunità dei cittadini, sostenitore del genius loci,e con standard museali che avrebbero consentito alla città e alla regione di entrare nella rete dei grandi attrattori culturali del Sud.
Il progetto trovò l’immediata disponibilità degli organi ministeriali dell’epoca alla copertura finanziaria delle opere fisiche e allestitive a valere sulle risorse dei Fondi Poin: questo perché in quello schema veniva affermata la centralità del tema gestionale nella realizzazione dell’impresa culturale, che prevedeva tra l’altro il coinvolgimento dei privati all’interno del soggetto di gestione individuato in una fondazione a modello partecipativo pubblico-privato.
Tutto il percorso fu accompagnato da grandi mostre nel Margherita che portarono a Bari il meglio del mondo dell’arte che conta. Critici e artisti di prestigio internazionale parteciparono a quegli eventi,risultato: il Margherita venne riconosciuto come grande e naturale contenitore per l’arte contemporanea, grandi collezionisti aderirono all’iniziativa mettendo a disposizione in comodato gratuito le loro opere, una in particolare si dichiarò per la donazione, e si individuarono disponibilità da parte privata per una importante parziale copertura del deficit spending della gestione.
Era questa anche la verifica che quando l’ambizione pubblica si eleva, sempre incontra quella dei privati, espressione di quel mecenatismo educato che si esprime senza esibizione di potere.
L’amministrazione Decaro, in collaborazione con il Mibact e in continuità con la precedente, oggi sta proseguendo la realizzazione dell’obiettivo: il cantiere dell’opera risulta avviato con i 10 milioni di euro di provenienza regionale a cui stanno per aggiungersi altri 4 del Mibact; quello che non è chiaro, perché finora non pervenuto, è il «Piano di gestione» dell’opera.
Si sentono dichiarazioni a riguardo che provengono dal Comune ma non dal Sindaco, in cui si parla di un’imminente privatizzazione della gestione del Polo, in continuità con l’esempio sciagurato della Sala Murat, e mi chiedo a riguardo: se la sala Murat fa parte del Polo, perché se ne è anticipata la gestione? Perché offrire al concessionario ben 190 mila euro di soldi pubblici per un allestimento modesto e poco attrattivo che per nulla favorisce la vendibilità degli oggetti degli operatori del Made in Puglia, che tra l’altro giustificava quella generosa elargizione, e a cui si aggiungeva una franchigia del fitto dello spazio di tre anni e un valore della successiva locazione molto al di sotto di quello di mercato? Sarebbe interessante a riguardo sentire il parere dei creativi pugliesi che sono stati selezionati ed invitati a esporre le loro opere, sul livello di soddisfacimento dei loro obiettivi di vendita!
Ma ritorniamo al tema della futura gestione del Polo del Contemporaneo: Bari non è Bilbao, dove la regione basca, in forza della sua autonomia, ha investito ingenti somme sulla realizzazione di grandi opere infrastrutturali nel campo della cultura per poter poi attrarre grandi istituzioni mondiali come il Guggenheim: il museo di Bilbao fa più di un milione di visitatori l’anno e ha un bilancio in pareggio di oltre 20 milioni l’anno.
Numeri impensabili per Bari. E pertanto, sì a una grande ambizione, ma da perseguire con buon senso e realismo: il Polo del Contemporaneo nel Margherita, ex mercato del pesce e sala Murat deve stare a Bari e alla Puglia, come il Museo Madre sta a Napoli e alla Campania. Pertanto nella gerarchia degli attrattori culturali della Regione non può che collocarsi al vertice, e come tale diventare produttore e diffusore di «Sensi Contemporanei» sull’intero territorio regionale e sensore di interscambio culturale con gli altri attrattori del Sud.
Il suo modello gestionale pertanto non può che essere interamente pubblico o pubblico-privato: cercare i privati è un mestiere, e va fatto con la valigetta piena di sogni tenendo bene a mente il tema della «Venture Philanthropy», perché è lì che il Pubblico assume il linguaggio del Privato, e quest’ultimo quello del Pubblico.