Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Collezionismo, i pittori pugliesi Otto-Novecento
Perché non cominciare con i pittori pugliesi tra Otto e Novecento?
Il Petruzzelli
Raffaele Armenise diventò popolarissimo con gli affreschi del teatro
L’ispirazione
Francesco Vacca dipingeva quella Parigi fin de siècle che restava un modello
Avete voglia di dare il via ad una collezione di artisti pugliesi che abbiano operato dagli ultimi lustri dell’Ottocento fino agli anni Trenta e Quaranta del secolo breve? Se la vostra risposta è affermativa, non avete altra scelta: fare una sosta, preferibilmente prolungata e meticolosa, nella galleria antiquaria di Davide Andriani, a Bari, in via De Romita 24-26.
Ovviamente, non bisogna perdere tempo prima che arrivino altri pretendenti, per lo più collezionisti, a fare incetta di quegli oggetti del desiderio che affascinarono i nostri nonni, e che tutt’oggi emanano suadenti e irresistibili richiami ai patiti del tarlo. Oggetti raccolti qua e là dall’antiquario grazie al suo fiuto infallibile di segugio di razza, in grado di scovare, negli angoli più impensati, selvagginadoc.
Ce ne sono per tutti i gusti e di ogni prezzo. A darci il benvenuto è Raffaele Armenise, eccelso maestro del colore che raggiunse l’acme della popolarità alla fine dell’Ottocento, con la nascita del Petruzzelli, per i suoi mirabili affreschi, distrutti purtroppo dal proditorio incendio che nella notte del 27 ottobre 1991 trasformò in un cratere il teatro. Di Armenise, nell’atelier di Andriani, ammiriamo una «Marina di Bari» con due barche in primo piano stracolme di pellegrini; le stesse appaiono – precisa il padrone di casa - in una precedente opera del dipintore barese, dedicata sempre alla festa di San Nicola.
In passerella c’è anche un futurista, il brindisino Emilio Notte, con un ritratto di Marinetti, il capo-manipolo degli scatenati cantori del «treno a vapore» che, come proclamato nel famoso manifesto, sulla prima pagina di Le Figaro nel febbraio del 1909, «volevano incendiare musei e biblioteche, uccidere il chiaro di luna, far piazza pulita del passatismo». Inoltre, sostenevano a spada tratta, in omaggio al dinamismo e alla velocità, che l’automobile «era più bella della Nike di Samotracia».
Non è finita. A breve distanza attira l’attenzione un seducente angolo della Parigi «fin de siècle», un ristorante di Montparnasse, precisamente l’«Au Cadet de Gascogne», dove si riunivano gli artisti stranieri. Lo attesta, in un dipinto, Francesco Vacca, che nella «città dalle mille feste, inseguivano il successo, ma non disertavano le allegre serate alle Folies Bergère o al Moulin Rouge».
Con Vacca ci sono altri pugliesi-doc, quali Francesco Speranza e Michele De Giosa, che puntano le loro chances sul lirismo pittorico, cui fa da contrappunto la vertigine coloristica di Franco Colella e Sergio Nicolò De Bellis.