Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
I suoni dal grande schermo dell’Orchestra Negri
Ha una storia che risale al 1898, l’Orchestra «Gino Neri» di Ferrara: una di quelle compagini di strumenti a plettro e a pizzico (soprattutto chitarre, mandole e mandolini per un totale oggi di 45 elementi), nate in Italia sul finire dell’Ottocento per portare in giro, con strumenti popolari e molto diffusi, il grande repertorio lirico-sinfonico in arrangiamentei «su misura». Un po’ quello che in Puglia s’incaricavano di fare le bande municipali a base di ottoni e grancasse. Anche le orchestre a plettro possono vantare le loro dinastie di maestri arrangiatori e compositori, da Neri appunto a Giorgio Fabbri (già direttore d’orchestra e cembalista in gruppi barocchi) che ne tiene oggi le redini e «firma» l’album Suoni dal grande
schermo appena pubblicato dall’etichetta molfettese Digressione Music; ovviamente non stupisce l’attenzione del suo direttore artistico, don Gino Samarelli (nella foto sotto), per questo genere di produzione a cavallo tra il colto e il popolare. Digressione ha in catalogo molte opere di queto genere, e qualche anno fa pubblicò una magnifica raccolta dell’Accademia mandolinistica pugliese ascoltando la quale si materializzava tutto un piccolo mondo antico di sapienza artigianale e amore per la musica. Qui l’Orchestra Negri affronta una serie di temi resi famosi dal cinema; composizioni «prestate» al grande schermo, dal Mahler dell’Adagietto della Sinfonia n. 5, utilizzato in Morte a
Venezia di Visconti, al ragtime di Scott Joplin (The Entertainer) associato alla cialtronesca epopea criminale di Paul Newman e Robert Redford nel film La
stangata. La parte del leone, cinque brani su dodici, la fa ovviamente Morricone con le musiche di Mission, Il buono il brutto il cattivo, La leggenda del pianista
sull’oceano, Mosè e C’era una volta il West. Qui si ascolta anche Isabella Fabbri come solista ai sassofoni; ma, sarà perché si tratta di melodie fin troppo note, non sono queste le parti migliori del disco, e neanche
La vita è bella di Piovani. Molto meglio i valzer di Verdi e Rota dal Gattopardo,o quello di Shostakovich utilizzato in Eyes
Wide Shut. Qui è l’orchestra a brillare di luce propria, con una sonorità scintillante che nulla ha da invidiare a quella degli archi di un’orchestra sinfonica.