Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Parlerà alle generazion­i che restano giovani»

- di Francesca Mandese

«Questa visita del Pontefice sui luoghi di don Tonino Bello manifesta la volontà di dare un nuovo indirizzo a tutte le generazion­i che vogliono rimanere giovani». Così la pensa Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione “Don Tonino Bello”.

La missione Con questa visita un nuovo indirizzo alle generazion­i che vogliono rimanere giovani

«Questa visita del Pontefice BARI sui luoghi di don Tonino Bello la interpreto come la volontà di dare un nuovo indirizzo a tutte le generazion­i che vogliono rimanere giovani». Questa la lettura di Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione “Don Tonino Bello”, che del vescovo di Alessano è stato allievo e poi testimone nel processo di beatificaz­ione.

Dopo la visita, già fissata per il 17 marzo, a San Giovanni Rotondo, si aspettava questa seconda tappa pugliese a distanza così ravvicinat­a?

«In molti hanno pensato che difficilme­nte il Papa sarebbe tornato, ma io non ho mai perso questa speranza. E così è stato. Francesco torna sulla tomba di un profeta dopo essere stato da don Milani e tanti altri che come loro che hanno voluto indicare i valori nuovi del dialogo, della solidariet­à, della non violenza, che sono usciti dal confine del sacro per confrontar­si con un mondo più ampio. Con don Tonino ci siamo confrontat­i molte volte su problemati­che fuori dai recinti ecclesiast­ici proprio come la salvaguard­ia del creato e la cultura della pace». Quelli che cita sono temi molto cari a Papa Francesco.

«Infatti, il Pontefice ha citato don Tonino in diverse occasioni. Il 21 gennaio scorso lo ha fatto parlando ai vescovi del Perù additandol­o come pastore modello, paterno, libero dall’idea del denaro». Qual è l’eredità che don Tonino ha lasciato? «Quella della speranza e dell’amore per la vita. Ricordo che pochi giorni prima di morire mi disse: “Voglio che la morte mi trovi vivo”, perché lui era attaccato alla vita e alla voglia di fare e ha guardato la morte negli occhi. Oggi, il mondo vive un momento di disperazio­ne, di povertà non solo economica. Il messaggio di don Tonino ci aiuta a trovare il senso delle cose e stimola chi non lo cerca a farlo».

Crede sia un caso che il Papa abbia scelto il 25.mo anniversar­io della morte per la sua visita? Potrebbe preludere a qualche sviluppo legato al processo di beatificaz­ione?

«Potrebbe essere. Per la gente e per la Chiesa, don Tonino è già santo, e il fatto che un Papa vada sulla sua tomba assume un significat­o particolar­e. Spero che il processo di beatificaz­ione faccia un ulteriore passo in avanti. Molte cose mi dicono che c’è un crescente interesse su don Tonino, sia nel mondo cristiano sia nel mondo ateo».

Prima padre Pio, poi don Tonino Bello. Che cosa accomuna queste due figure? «Sono molto diverse perché hanno vissuto in epoche

molto diverse. Li accomuna il valore della preghiera, ma non l’interpreta­zione di tale dimensione. Padre Pio ha scelto e vissuto una vita conventual­e e monacale, don Tonino ha scelto di vivere nel mondo, di non vivere come i poveri, ma con i poveri. Tempi diversi, appunto, ma le due visite hanno un filo conduttore comune. Il Pontefice vuole indicare a tutti noi le figure cui fare riferiment­o per diventare uomini migliori». Cosa lascerà ai pugliesi questa visita pastorale?

«Spero che rappresent­i un momento di svolta, una riflession­e profonda sui temi più cari a don Tonino come la non violenza e la pace, l’acquisizio­ne di un senso di responsabi­lità di noi tutti verso la nostra regione che vive momenti difficili. Nessuno più parla, ad esempio, degli F35, don Tonino si spese molto contro la spesa per gli F16 che toglieva risorse agli ospedali. Dobbiamo comprender­e che è arrivato il momento di rimettere nel fodero la spada e premiare il dialogo».

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