Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LA PUGLIA ANCORA SENZA RISPOSTE
Prima che l’esito delle urne si riduca a chi ha vinto e chi ha perso, proviamo a soffermarci sulla Puglia e sui suoi aspetti più critici, che già rischiano di svanire nel clamore della campagna in corso, facile ostacolo alle più attente riflessioni. In primo luogo – fatto veramente inquietante – cresce l’arroganza della delinquenza pugliese che, dal Foggiano al capoluogo, e anche più giù, mostra accresciuta aggressività. Perché tanta spavalderia? Perché “cupole” grandi e piccole puntano ad allargare i loro spazi a ridosso e nel cuore delle città? Perché va indebolendosi una buona parte del tessuto civile del Mezzogiorno, con una disgregazione sociale visibile, della quale la disordinata immissione di rifugiati è solo un aspetto fra gli altri. Tanti cittadini di Taranto, per esempio, sono sfiancati da una vita che diventa clandestina quando i venti rendono ancora più sporco l’ambiente, e i ragazzi non vanno a scuola, chiusi nelle case dove comunque le polveri penetrano. A Bari, nel quartiere Libertà, il vecchio commercio artigianale è stato soppiantato dalla droga e dalla prostituzione, con il retrovia di abitazioni fuori da ogni controllo, per abitanti e per sicurezza. E persino una seria giornalista Rai viene aggredita mentre fa il suo lavoro, di certo considerato un’infrazione per il fortilizio della mala più endemica e strutturata. Ma forse il fenomeno che più disgrega il nostro spazio urbano è la lontananza della politica dalla vita della gente; i poteri sono invisibili, impegnati nei loro consensi interni, o nelle bilancine delle correnti. Poi ci sono le inchieste giudiziarie, che ovviamente impongono cautela, ma non rassicurano il pubblico. Infine, il non realizzato piano di investimenti dell’Aqp, con tutta l’acqua che va persa dalla rete, è segno di crisi di iniziativa, tanto più dopo mesi di polemiche sugli incarichi interni, sull’approvvigionamento dell’acqua e sulla difficile intesa con le regioni vicine. E allora? È tutta una catastrofe? In politica non si ragiona così, anche perché l’aspettativa delle gente rimane molto alta, e i settori più delicati, come trasporti e sanità, possono diventare occasione di un vero salto in avanti, verso scelte più prossime al buon governo. Politica di servizio, si diceva una volta; ma la politica di servizio è una cultura, oggi punto di partenza, se si recuperano le energie produttive e ideali della regione e se si avverte il respiro delle istituzioni responsabili. Bisogna tornare alle politiche della proposta; non è l’ “utopia”, ma è la riscoperta della democrazia, l’unica via per lo sviluppo.