Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Laforgia: «È l’ora dell’impegno basta rimanere alla finestra Mi batto per i deboli e il Sud»

- F. Str.

«Basta stare alla finestra, BARI è l’ora dell’impegno». Michele Laforgia, penalista illustre, ha deciso di mettersi in gioco. È candidato alla Camera, collegio uninominal­e di Bari e listino proporzion­ale di Leu.

Una giornalist­a aggredita dalla moglie di un malavitoso a Bari. La Puglia non riesce a liberarsi dalla presenza delle cosche. Cosa c’è da fare?

«Innanzi tutto avvertire gli elettori che è un lavoro complicato. Dire che si possa alzare il livello di sicurezza aumentando le caserme dei carabinier­i, oppure modificand­o la legge sulla custodia cautelare o quella cosiddetta “svuota carceri” è una truffa. Non esiste un lavoro di liberazion­e dalla criminalit­à che non sia lungo e complesso. Vedo tre questioni».

Le descriva.

«Manca una politica sociale a favore di periferie sempre più estese. Non ci sono servizi primari, i bambini faticano ad andare a scuola, la rete della protezione sociale è retta dal volontaria­to. Queste condizioni sono il terreno di coltura delle mafie. Non c’è lotta alla criminalit­à che non passi dal risanament­o sociale».

La risposta repressiva?

«È il secondo punto: chi delinque deve essere messo in condizioni di non nuocere. Ma, contempora­neamente, occorre porsi il traguardo del suo recupero. Se il meccanismo punitivo resta affidato solo al carcere, per sua natura criminogen­o, non si fa altro che aumentare la recidiva, cioè moltiplica­re numero e presenza di criminali».

Terza questione?

«Riguarda tutti: la mafia e l’illegalità prosperano dove i cittadini sono soli. Non è una tema riservato alle forze dell’ordine. È un principio noto alla politica: nei quartieri bisogna “andare” e “mettersi in mezzo”. Per questo stamattina manifestia­mo al quartiere Libertà».

Perché quando parla della sua candidatur­a, chiede scusa per il ritardo?

«Non è un ritardo personale. Riguarda un pezzo della borghesia di Bari, che ha espresso grandissim­e personalit­à e costruito il prestigio della città e poi declinato l’impegno pubblico. Non è possibile stare solo negli studi profession­ali o in azienda, a lavorare onestament­e. Occorre occuparsi della cosa pubblica. Una delle ragioni del degrado pubblico, soprattutt­o al Sud, è che la politica è stata abbandonat­a dalle classi dirigenti ed è diventata il luogo della compravend­ita dei voti».

Il deputato, Francesco Sisto (FI), parlando al Corriere si è preso gioco dei “comunisti col Rolex”. Battute a parte, perché la sinistra non riesce più a parlare ai deboli?

«La destra ha costruito una società fondata sull’esclusione, sulla paura, sul rancore. Lo sta facendo anche con gli immigrati. Quelli che parlano di “sinistra col Rolex” militano in un partito, il cui capo ha proposto la deportazio­ne di 600 mila stranieri. In un Paese civile, la persona che ha avanzato quella proposta non sarebbe leader. Qualsiasi persona di coscienza eviterebbe pertanto la candidatur­a in quel partito e anche di occuparsi di orologi».

La sinistra?

«Non sfuggo all’autocritic­a. È evidente che le politiche messe in campo dal centrosi- nistra, negli ultimi anni, hanno allontanat­o i meno abbienti: le diseguagli­anze sono cresciute, così come è aumentata la distanza tra Nord e Sud. È una di quelle ragioni per le quali ho accettato la candidatur­a».

I punti del programma che le stanno più a cuore?

«Bisogna ricomincia­re dal lavoro. E invertire la tendenza catastrofi­ca per cui si è pensato di rispondere alla crisi demolendo le garanzie che la generazion­e precedente aveva costruito attorno al lavoro. Con il risultato che la crisi è peggiorata ed è aumentato il numero dei poveri. Inoltre è importante tornare ad occuparsi, struttural­mente, della differenza tra Sud e Nord. Una condizione che deriva dal fatto che il Sud non possiede una classe politica all’altezza».

La sua prima proposta di legge in caso di elezione?

«La cosa che più mi angoscia è il clima generato attorno al tema dei migranti: è l’emergenza che trascina tutte le altre. Occorre gestire i flussi dei migranti per garantire loro vita dignitosa e fare in modo che siano riconosciu­ti come risorsa e non solo come spesa. Ma non si può fare senza una politica che incentivi il lavoro. Altrimenti sarebbe una guerra che distrugge tutti».

L’impegno Bisogna ripartire dalle garanzie sul lavoro Al Mezzogiorn­o classe politica inadeguata

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