Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La grande spartizione delle cosche al Libertà Il pizzo su latte e buste, i clan fissano pure i prezzi
Strategia I clan radicati nel quartiere per la presenza di numerose attività commerciali
Bancarelle e proiettili, BARI botteghe artigiane e muri sforacchiati dalle pallottole, negozi appena aperti e decine di saracinesche abbassate che annunciano la crisi e rivelano paura e rassegnazione. E poi ancora: strade strette e assediate da rifiuti e palazzotti sgangherati in cui trovano posto decine di migranti, vicoli punteggiati da tuguri trasformati in alloggi da piazzare sul mercato degli affitti in nero, ma anche vialoni che costeggiano il Tribunale o corrono verso la stazione e l’Università. Eccolo il quartiere Libertà, ecco il rione dove è pericoloso anche solo fare domande, ecco la frontiera criminale che è diventata emergenza da una ventina d’anni, quando una galassia di cosche si è radicata in quell’alveare di 43 mila abitanti imponendo la legge del terrore e del pizzo. Una strategia incentrata su quella che il procuratore di Bari, Giuseppe Volpe, tempo fa ha chiamato «la tassa di sovranità».
La geopolitica malavitosa del quartiere è contenuta nelle centinaia di pagine confluite nei fascicoli della Procura, in cui sono documentati spostamenti, alleanze, affari. Secondo gli ultimi rapporti di polizia, carabinieri e Direzione investigativa antimafia, sono quattro le organizzazioni criminali che in qualche modo partecipano alla grande spartizione del rione Libertà: si tratta dei clan Caldarola, Mercante, Lorusso, Sedicina. Molti degli affiliati provengono dalla disgregazione del gruppo egemone degli Strisciuglio. E tutti, insieme a bande giovanili che alimentano l’indotto criminale, soffocano il tessuto sociale ed economico di un quartiere ormai avviato a una disperata rassegnazione.
«Questa è una zona che fa gola alle cosche perché non è un ghetto», dice al Corriere un investigatore esperto. Che spiega: « Il Libertà è terra di commercianti, operai, professionisti, qui ci sono attività economiche e il centro non è lontano, anzi praticamente siamo nel Murattiano». Proprio per questo il rione più popoloso è diventato anche quello più a rischio: i clan non si lasciano infatti sfuggire il fiume di denaro senza fine garantito dalle estorsioni e le ultime inchieste raccontano di un pizzo a tappeto, generalizzato. E così i negozi, le antiche botteghe che si tramandano da generazioni e sono l’orgoglio mercantile barese, diventano la benzina nel motore della macchina criminale. Dalle indagini viene fuori che c’è il pizzo sulle buste di plastica, c’è il pizzo su piatti e bicchieri, sul latte, insomma su tutto. Ma non solo: i boss decidono da chi ci si deve rifornire, ordinano persino quando alzare e abbassare i prezzi arrivando a determinare la piccola e grande economia della fetta più popolosa della città. E poi c’è il racket del mattone, quello che opprime i cantieri edili dove l’ombra delle cosche si cela dietro il calcestruzzo o i servizi di vigilanza. A tutto questo si aggiungono gli altri affari come lo spaccio di droga, il gioco d’azzardo, la ricettazione. Ma le estorsioni rimangono il grande business attorno a cui ruotano le mire espansionistiche delle cosche, come rivelano le ultime incursioni nei bar o in piccoli e grandi negozi, divenuti una specie di bancomat per gruppi di rapinatori. Una delle ipotesi all’esame degli investigatori è che negli assalti ci sia un unico filo conduttore, potrebbe trattarsi di azioni intimidatorie che precedono la richiesta del pizzo.
Polizia e carabinieri hanno rafforzato i controlli, ma devono fare i conti con l’estensione del territorio e un organico insufficiente: basti pensare che nella Questura di Bari, secondo l’ultima relazione presentata al Parlamento, prestano servizio 1.117 agenti su 1.238 previsti. Un deficit del 13 per cento. Proprio nei giorni scorsi sulle pagine del Corriere il sindaco Antonio Decaro ha lanciato l’allarme sul rione Libertà annunciando più illuminazione e telecamere, oltre a una rivoluzione urbanistica che consenta di voltare pagine. Ma intanto, residenti e commercianti vivono nella paura. E le speranze di un rilancio sociale ed economico nel segno della legalità si affievoliscono, oscurate dalla cappa di terrore imposta dalle cosche.