Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Partiti e voto, c’era una volta la propaganda elettorale
Un ruolo a sé giocavano a loro volta i giornali con le loro campagna di stampa, ciò che riferivano dei vari concorrenti nell’agone elettorale, il modo come presentavano le questioni sul tappeto, e così via. E un suo spazio di ascolto e di influenza aveva sempre conservato la radio.
In queste vecchie pratiche propagandistiche contava molto l’eloquenza dell’oratore, il suo modo di parlare e di argomentare, il modo di gesticolare o di fare accenni o mimare un’idea, la capacità di commuovere e persuadere gli ascoltatori, di lasciare in essi una traccia duratura di ricordo e di coinvolgimento. Alcuni degli oratori degli scorsi decenni erano, da questo punto di vista, famosi. Un grande «comiziante» era, ad esempio, Pietro Nenni; un oratore appassionante e a volte trascinante era Ugo La Malfa; ironico, spesso graffiante e talora abilmente scherzoso era Andreotti; tribunizio ed efficacemente agitatorio era Giancarlo Pajetta. E sarebbe facilissimo moltiplicare gli esempi.
Tutto questo ha, comunque, perduto oggi almeno i tre quarti della sua importanza o addirittura è del tutto scomparso. La regina della campagna elettorale, ormai da almeno una trentina di anni, se non di più, è ritenuta la televisione. È attraverso di essa che, secondo l’opinione generale, si deve passare se si vuole giungere a un livello di ascolto, di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini elettori che possa più probabilmente procurare consensi e voti, e tanti voti da poter competere vittoriosamente con gli avversari o per contrastare con più efficacia i loro attacchi e gli sviluppi della loro azione. Ma, pur sapendolo da tanto tempo, è proprio adesso, è proprio nella campagna elettorale attualmente in corso che l’impero televisivo nelle tecniche elettorali ci dà l’impressione di averi ridotto pressoché a nulla ogni altro mezzo. Sarà, forse, perché si tratta, fortunatamente, di una campagna elettorale molto breve, e nello stesso tempo molto serrata nella triplice scelta che essa propone: Pd, centro-destra e 5 Stelle. Comunque sia, è così. È ormai dalle loro apparizioni in televisione e da ciò che dicono nei dibattiti televisivi che i leader politici vedono sempre più dipendere le loro fortune elettorali. Alcuni dei vecchi modi di svolgersi di una campagna elettorale conservano in tutto o in una notevole parte la loro importanza. Così è per i giornali, per la radio, per il contatto diretto con gli elettori. Il resto è diventato quasi archeologico. Che pena fanno i servizi televisivi quando mostrano le scarse affluenze ai comizi, al chiuso o all’aperto, anche dei maggiori uomini politici!
Proprio nel momento in cui celebra i suoi massimi trionfi in materia di influenza elettorale l’impero della televisione comincia, tuttavia, a mostrare anch’esso, ormai molto evidenti, i segni di un suo progressivo assottigliarsi e deperire. Un po’ la gente si è stancata, a molto giusta ragione, di certi «luoghi» televisivi come le trasmissioni di argomento politico: ce ne sono troppe e, nonostante ogni loro sforzo, finiscono tutte col somigliare troppo l’una all’altra, senza contare che molte sono di una tale pretenziosità o banalità o faziosità dei loro conduttori da stancare la pazienza anche del più mite ascoltatore. Un po’ i politici hanno imparato il mestiere di «politico in televisione» e sono perciò diventati molto più simili fra loro di quanto non dovrebbero o vorrebbero essere per apparire se stessi e trascinare le folle dietro le loro parole. Soprattutto siamo, però, all’avvento di un nuovo strumentario informatico che si è da subito rivelato di una capacità di penetrazione e di ripercussione senza confronti, anche rispetto alla televisione. Blog, twitter, facebook, instagram, rss e altre procedure elettroniche formano già ora un campo di intervento e di ascolto senza rivali. La stessa messaggeria telefonica, che sembrava fino a ieri il massimo del contatto diretto, efficace e in tempo reale, è ogni giorno più mortificata da quelle nuove procedure, dalle loro reti di «amicizia», dal loro crescente linkedin.
Rispetto a ciò gli uomini politici si sono già largamente adattati alle novità (lo hanno fatto perfino il papa e il presidente degli Stati Uniti!). Ma per dire che cosa? Non vogliamo apparire, e non siamo per nulla, pessimisti per principio, ma abbiamo l’impressione che alla modernità tecnica non corrispondano novità di altrettanto rilievo nell’oggetto della comunicazione. La demagogia, le esagerazioni di ogni tipo soprattutto nelle promesse elettorali, la chiusura settaria appaiono sempre in primissimo piano, tanto da far apparire il realistico e sempre calmo Gentiloni un modello veritiero e affidabile di discorso politico. Vedremo se le urne premieranno la sua linea così come merita.