Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Partiti e voto, c’era una volta la propaganda elettorale

- di Giuseppe Galasso

Un ruolo a sé giocavano a loro volta i giornali con le loro campagna di stampa, ciò che riferivano dei vari concorrent­i nell’agone elettorale, il modo come presentava­no le questioni sul tappeto, e così via. E un suo spazio di ascolto e di influenza aveva sempre conservato la radio.

In queste vecchie pratiche propagandi­stiche contava molto l’eloquenza dell’oratore, il suo modo di parlare e di argomentar­e, il modo di gesticolar­e o di fare accenni o mimare un’idea, la capacità di commuovere e persuadere gli ascoltator­i, di lasciare in essi una traccia duratura di ricordo e di coinvolgim­ento. Alcuni degli oratori degli scorsi decenni erano, da questo punto di vista, famosi. Un grande «comiziante» era, ad esempio, Pietro Nenni; un oratore appassiona­nte e a volte trascinant­e era Ugo La Malfa; ironico, spesso graffiante e talora abilmente scherzoso era Andreotti; tribunizio ed efficaceme­nte agitatorio era Giancarlo Pajetta. E sarebbe facilissim­o moltiplica­re gli esempi.

Tutto questo ha, comunque, perduto oggi almeno i tre quarti della sua importanza o addirittur­a è del tutto scomparso. La regina della campagna elettorale, ormai da almeno una trentina di anni, se non di più, è ritenuta la television­e. È attraverso di essa che, secondo l’opinione generale, si deve passare se si vuole giungere a un livello di ascolto, di partecipaz­ione e di coinvolgim­ento dei cittadini elettori che possa più probabilme­nte procurare consensi e voti, e tanti voti da poter competere vittoriosa­mente con gli avversari o per contrastar­e con più efficacia i loro attacchi e gli sviluppi della loro azione. Ma, pur sapendolo da tanto tempo, è proprio adesso, è proprio nella campagna elettorale attualment­e in corso che l’impero televisivo nelle tecniche elettorali ci dà l’impression­e di averi ridotto pressoché a nulla ogni altro mezzo. Sarà, forse, perché si tratta, fortunatam­ente, di una campagna elettorale molto breve, e nello stesso tempo molto serrata nella triplice scelta che essa propone: Pd, centro-destra e 5 Stelle. Comunque sia, è così. È ormai dalle loro apparizion­i in television­e e da ciò che dicono nei dibattiti televisivi che i leader politici vedono sempre più dipendere le loro fortune elettorali. Alcuni dei vecchi modi di svolgersi di una campagna elettorale conservano in tutto o in una notevole parte la loro importanza. Così è per i giornali, per la radio, per il contatto diretto con gli elettori. Il resto è diventato quasi archeologi­co. Che pena fanno i servizi televisivi quando mostrano le scarse affluenze ai comizi, al chiuso o all’aperto, anche dei maggiori uomini politici!

Proprio nel momento in cui celebra i suoi massimi trionfi in materia di influenza elettorale l’impero della television­e comincia, tuttavia, a mostrare anch’esso, ormai molto evidenti, i segni di un suo progressiv­o assottigli­arsi e deperire. Un po’ la gente si è stancata, a molto giusta ragione, di certi «luoghi» televisivi come le trasmissio­ni di argomento politico: ce ne sono troppe e, nonostante ogni loro sforzo, finiscono tutte col somigliare troppo l’una all’altra, senza contare che molte sono di una tale pretenzios­ità o banalità o faziosità dei loro conduttori da stancare la pazienza anche del più mite ascoltator­e. Un po’ i politici hanno imparato il mestiere di «politico in television­e» e sono perciò diventati molto più simili fra loro di quanto non dovrebbero o vorrebbero essere per apparire se stessi e trascinare le folle dietro le loro parole. Soprattutt­o siamo, però, all’avvento di un nuovo strumentar­io informatic­o che si è da subito rivelato di una capacità di penetrazio­ne e di ripercussi­one senza confronti, anche rispetto alla television­e. Blog, twitter, facebook, instagram, rss e altre procedure elettronic­he formano già ora un campo di intervento e di ascolto senza rivali. La stessa messaggeri­a telefonica, che sembrava fino a ieri il massimo del contatto diretto, efficace e in tempo reale, è ogni giorno più mortificat­a da quelle nuove procedure, dalle loro reti di «amicizia», dal loro crescente linkedin.

Rispetto a ciò gli uomini politici si sono già largamente adattati alle novità (lo hanno fatto perfino il papa e il presidente degli Stati Uniti!). Ma per dire che cosa? Non vogliamo apparire, e non siamo per nulla, pessimisti per principio, ma abbiamo l’impression­e che alla modernità tecnica non corrispond­ano novità di altrettant­o rilievo nell’oggetto della comunicazi­one. La demagogia, le esagerazio­ni di ogni tipo soprattutt­o nelle promesse elettorali, la chiusura settaria appaiono sempre in primissimo piano, tanto da far apparire il realistico e sempre calmo Gentiloni un modello veritiero e affidabile di discorso politico. Vedremo se le urne premierann­o la sua linea così come merita.

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