Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Stato indegno E io rinuncio alla cittadinan­za»

Il padre di Davide, ucciso da un’auto pirata, scrive al presidente Mattarella

- di Francesco Strippoli

Due pagine gonfie di dolore, poi la richiesta: «Toglietemi la cittadinan­za italiana». Meglio essere apolide che appartener­e allo Stato italiano. La richiesta è stata avanzata da Giovanni D’Accolti, di Conversano. È il papà di Davide (i due al centro in una foto di famiglia), giovane ucciso a 22 anni da un’auto pirata, due anni fa, sulla statale 16. La vettura assassina viaggiava contromano.

Due pagine livide, la citazione alcune leggi, qualche riferiment­o burocratic­o e una richiesta dolente: «Toglietemi la cittadinan­za italiana». Meglio essere apolide, un senza terra, che appartener­e allo Stato italiano, «indegno».

La richiesta è stata avanzata da Giovanni D’Accolti, di Conversano, funzionari­o pubblico di 57 anni. È il papà di Davide, giovane musicista e studente di ingegneria, ucciso a 22 anni da un’auto pirata, due anni fa, sulla statale 16, vicino Torre a Mare. Era la notte del 21 febbraio 2016: il ragazzo rientrava a Conversano, provenient­e da Bari, dove aveva riaccompag­nato la fidanzata a conclusion­e di una serata di prove, in attesa del debutto di lei come soprano al Petruzzell­i. Ad ucciderlo un’auto che aveva marciato contromano sulla statale per 10 lunghi chilometri e che viaggiava a 160 all’ora nel momento dell’impatto. A bordo un trentenne di Noicattaro positivo ad alcool e droga: si è salvato.

D’Accolti ha rivolto petizioni, ha scritto ai giornali, è andato in tv. Ha chiesto di sapere. Ha sollecitat­o chiariment­i. «Abbiamo perso un figlio scrisse due anni fa al prefetto di Bari, al questore, ai Carabinier­i, alla Regione, alla Città metropolit­ana - pretendiam­o che si faccia il massimo per evitare che altri figli si perdano». Era la richiesta di controlli, di indagini sulla vendita di droga, sullo smercio di alcool. Nessuna risposta. Neppure quando un anno fa, D’Accolti decise di comprare una pagina del Corriere del Mezzogiorn­o. Ora ricorre ad un gesto estremo, non previsto ma non impedito dalla legge: rinunciare alla cittadinan­za per farsi dichiarare apolide. Ha scritto al presidente della Repubblica, al ministero degli Interni, al suo Comune di residenza. La relazione che accompagna la richiesta è intitolata «Indegnità dello Stato italiano».

Una lettera plumbea che nasce dal dolore inconsolab­ile di un padre cui hanno sottratto il figlio. Ma anche da alcune constatazi­oni per così dire “tecniche”. Quella notte infausta ci fu un allarme ai carabinier­i per quell’auto contromano. I militari,

Due anni di silenzio La lettera al Capo dello Stato: «Istituzion­i indegne, nessuno mi ha mai risposto» Scontro La morte sulla statale 16: travolto da una macchina che viaggiava contromano a 160 km all’ora

così dissero al telefono, già sapevano: perché non intervenne­ro subito? All’imputato (e questo stupisce) non è stata neppure ritirata la patente. Perché? All’udienza, la famiglia D’Accolti ha rinunciato alla proposta di indennizzo dell’assicurazi­one (come a dire, non è questione di soldi) e ora si aspetta «che la compagnia si costituisc­a contro di noi e non contro chi l’ha danneggiat­a con il proprio comportame­nto». «Nel procedimen­to scrive D’Accolti - lo Stato italiano non ha mai chiesto all’imputato da chi abbia comprato la droga e in quale esercizio commercial­e abbia consumato tanto alcool». Mentre la famiglia si aspettava che si procedesse d’ufficio di fronte ad un reato accertato, l’acquisto di droga. Lo Stato non ha risposto, spiega il funzionari­o, neppure all’interrogaz­ione parlamenta­re presentata dal senatore Dario Stefàno. Le istituzion­i sono assenti o silenti: ecco perché D’Accolti si dice convinto della loro «diffusa correspons­abilità morale nell’assassinio di mio figlio». E per poter pensare a Davide «senza vergogna, non mi resta che rinunciare alla cittadinan­za italiana». Il 21 febbraio il giovane musicista sarà ricordato nella sua Conversano.

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La famiglia D’Accolti: da sinistra Silvia, il papà Giovanni, Davide, la mamma Maria Antonietta

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