Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Gesti plateali e accuse, il Consiglio resta una polveriera
NELLA SEDUTA DI IERI ANCORA CLIMA PESANTE. CARRIERI IN AULA DI SPALLE. LO SCONTRO CON CAVONE
Richieste di censure, richiami, «minacce», ostruzionismo. O più banalmente, dispettucci. Tre giorni dopo la rissa di venerdì, ieri nuova seduta infuocata del Consiglio comunale di Bari. Protagonista assoluto il consigliere Giuseppe Carrieri, che si è situato in Aula di spalle rispetto alla posizione occupata dal sindaco Decaro e dal presidente dell’assemblea Michelangelo Cavone. Proprio contro quest’ultimo si è riversata la rabbia dello stesso Carrieri, che ha minacciato di querelare Cavone se non ritirerà le accuse prodotte nel Consiglio di venerdì.
Richieste di censura, richiami, “minacce”. Ostruzionismo. O più banalmente, dispettucci. Tutt’altro che metabolizzato quanto accaduto nella monotematica dedicata all’edilizia giudiziaria, brutalmente interrotta per mancanza del numero legale e passata agli onori della cronaca come la seduta degli insulti e delle minacce, il Consiglio comunale insediatosi ieri mattina diviene ghiotta occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e inasprire le polemiche. Non chiede scusa per quanto pronunciato nei confronti del presidente del Consiglio comunale Michelangelo Cavone, il capogruppo di Impegno Civile, Giuseppe Carrieri.Che, anzi, getta benzina sul fuoco: «Se il presidente insiste dicendo che l’ho minacciato di morte deve andare in Procura a denunciarmi, perché ho commesso un grave reato. Diversamente – continua - se non lo farà lui, sarà io a denunciarlo per diffamazione. Perché noi qui lavoriamo per i cittadini e nessuno deve permettersi di accusare un collega di un gravissimo reato come la minaccia a un pubblico ufficiale».
Carrieri, insomma, chiede a Cavone una rettifica formale. «O così o mi denunci», è la sua posizione. E il clima, tra i due, è tesissimo. Carrieri cita articoli del regolamento, chiede massima disciplina durante gli interventi e richiama più volte il presidente sul mancato rispetto delle più basilari regole del bon ton («parla proprio lui – commenterà poi il consigliere Renato Laforgia, Decaro sindaco, accusato di avergli dato le spalle -, la persona che in tre anni e mezzo, in consiglio, ha dato più fastidio»).
Riesce finché può a mantenere la calma Michelangelo Cavone che, visibilmente infastidito, ricorda a Carrieri di aver dato le spalle al primo cittadino mentre relazionava sull’emergenza idrica e concludendo con un «io mi sarei vergognato». Dei punti all’ordine del giorno si discute in maniera frammentaria e disordinata. L’imperativo è provocare. Più morbida la consigliera di opposizione Irma Melini che in apertura di seduta si scusa per l’appellativo utilizzato nei confronti di Cavone pur sentendosi «parte offesa». Melini parla di strumentalizzazione da parte del primo cittadino per il termine «sicuramente sbagliato – commenta – e per cui chiedo scusa a livello personale, anche se utilizzato fuori consiglio, a microfoni spenti e dopo due ore di mancata distribuzione degli ordini del giorno. C’è comunque stata una lesione del mio diritto di consigliere. Si è paragonato quanto accaduto alla seduta del 14 novembre scorso (la seduta degli insulti sessisti, ndr) per cui esiste un’indagine in corso per diffamazione aggravata. Bisogna recuperare gli equilibri – conclude Melini -, non dimentichiamoci che siamo in campagna elettorale».