Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La beffa del divino Giove Kismet, arriva l’Anfitrione
In scena da domani al Kismet di Bari il lavoro di Teresa Ludovico ispirato da Plauto
Sei attori e un musicista si rincorrono vorticosamente alla ricerca della propria identità: è la commedia di Plauto che irrompe in un bollente e schizofrenico Sud, dove «quel che si è non è sempre quel che si deve essere». Così prende forma Anfitrione, nuova produzione dei Teatri di Bari, scritta e diretta da Teresa Ludovico. Lo spettacolo arriva a Bari, al teatro Kismet, dall’8 all’11 marzo per la stagione di prosa del Comune di Bari, organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese, e il 17 e 18 marzo, nell’ambito della stagione di Teatri di Bari (ore 21, info www.teatridibari.it). Questo pomeriggio, alle ore 18, tutto il cast assieme alla regista e drammaturga Ludovico sarà alla libreria Feltrinelli di Bari per un incontro con il pubblico moderato dal critico teatrale Nicola Viesti.
In scena sei attori (Michele Cipriani, Irene Grasso, Demi Licata, Alessandro Lussiana, Michele Schiano di Cola, Giovanni Serratore) e un musicista (Michele Jamil Marzella) per creare una coralità multiforme e tragica in un mondo in cui divino e umano si confondono. Un andirivieni continuo tra un sopra e un sotto, tra luci e ombre. Realtà e finzione, verità e illusione, l’uno e il doppio, la moltiplicazione del sé, l’altro da sé e il riflesso di sé, si alternano sulla scena in un gioco di rimandi, attraverso la plasticità dei corpi degli attori, le sequenze di movimento, i dialoghi serrati e comici. «La musica è protagonista in questo spettacolo, ho ricercato – spiega Ludovico – suoni che potessero dialogare con l’essenza della drammaturgia: da un lato il trombone che richiama il ritmo delle bande del sud e dall’altro la tuba tibetana, usata per le cerimonie del buddismo tibetano».
Il doppio, la costruzione di un’identità fittizia, il furto dell’identità, la perdita dell’identità garantita da un ruolo sociale, sono i temi che Plauto consegna all’umanità in una forma nuova, da lui definita tragicommedia, perché gli accadimenti riguardano dei, padroni e schiavi. «Dopo Plauto in tanti hanno riscritto l’Anfitrione e ciascuno l’ha fatto cercando di ascoltare gli stimoli e le inquietudini del proprio tempo. Da quel momento nelle rappresentazioni teatrali il comico e il tremendo hanno convissuto e hanno specchiato le nostre vite mortali ed imperfette», spiega Teresa Ludovico. Nell’opera il sommo Giove, dopo essersi trasformato nelle più svariate forme animali, vegetali, naturali, decide, per la prima volta, di camuffarsi da uomo. Assume le sembianze di Anfitrione, lontano da casa, per potersi unire con la bella Alcmena, e generare con lei il semidio Ercole. Giove-Anfitrione durante la notte d’amore, lunga come tre notti, racconta ad Alcmena, come se li avesse vissuti personalmente, episodi del viaggio di Anfitrione.