Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’emergenza e quei whatsapp

- di Bepi Castellane­ta

Nel giorno in cui don Luigi Ciotti lancia l’allarme sul rischio di una sottovalut­azione della criminalit­à organizzat­a, torna la paura a Bari dopo un nuovo omicidio che, al di là della matrice che emergerà dalle indagini di polizia e carabinier­i, rivela in ogni caso come la questione sicurezza resti una questione cruciale della città, un nodo irrisolto che rischia di imbrigliar­e qualsiasi aspirazion­e di rilancio economico e sociale.

Le parole del fondatore dell’associazio­ne antimafia Libera suonano particolar­mente concrete. Tanto più se analizzate alla luce di quanto sta accadendo in queste ore segnate tra l’altro dalla scomparsa di un giovane pregiudica­to, dalla selvaggia aggression­e di una donna a colpi di mazza da baseball e dal feroce pestaggio di un uomo di 55 anni, picchiato al quartiere Libertà da una decina di ragazzi che gli hanno rotto due costole per gioco in una serata di noia.

«Non ho sentito parlare di questi temi, sono temi scomodi, difficili, che possono disturbare e anche far perdere consensi», dice don Ciotti facendo evidenteme­nte riferiment­o al silenzio - fatta eccezione per la manifestaz­ione vicino al Redentore dopo l’aggression­e alla giornalist­a del Tg1 Mariagrazi­a Mazzola - che ha avvolto e reso ovattato il problema della legalità e dell’inquinamen­to mafioso anche durante le settimane che hanno scandito la campagna elettorale. Un vuoto di parole e soprattutt­o di programmi che stride ancor di più se accostato ai dati del Viminale.

I numeri raccontano infatti come nel 2016 a Bari siano stati denunciati 52.980 reati: sei ogni ora, statistich­e che hanno fatto sprofondar­e la città al terzultimo posto in Italia per sicurezza nell’ultima classifica sulla qualità della vita elaborata dal Sole 24 Ore. La gravità della situazione emerge anche dal rapporto della Direzione investigat­iva antimafia riferito al primo semestre del 2017, pagine in cui è tracciata una mappa dello scenario criminale caratteriz­zato dal radicament­o nella sola provincia di Bari di 35 clan che si contendono e si spartiscon­o il controllo degli affari illeciti.

A tutto questo si aggiungono l’emergenza della devianza minorile e l’offensiva delle cosche internazio­nali che hanno invaso alcune zone della città, segnate da un disagio sociale che nessuna politica è riuscita ad alleviare anche per le difficoltà ad affermare un principio di legalità con organici di polizia sempre più risicati (il deficit di agenti in Questura è ancora del 13 per cento come risulta dall’ultima relazione presentata al Parlamento dal capo della polizia, Franco Gabrielli).

Il risultato è che la percezione di sicurezza è ai minimi termini. Basti pensare che al quartiere Libertà i residenti pattuglian­o le strade via whatsapp scambiando­si messaggi in tempo reale su strade e piazze, e suggerendo­si a vicenda quando si può camminare più o meno tranquilla­mente e quando invece è meglio tenersi alla larga e cambiare itinerario. Un intero quartiere trasformat­o in un grande quadrilate­ro di paura, gli stessi timori che incombono su ampie fette di periferia che appaiono sempre più slegate e isolate, abbandonat­e e condannate a una drammatica deriva criminale. Che, in assenza di una risposta forte dello Stato, soffoca speranze e alimenta esasperazi­one e rassegnazi­one.

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