Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Pd tra unità e scintille, il mea culpa di Emiliano
Appello all’unità del governatore: «Fine della diatriba tra renziani e anti renziani» I consiglieri dem chiedono però la «rigenerazione del partito», Lacarra nel mirino
Michele Emiliano fa mea culpa. «Basta divisioni tra renziani e anti renziani» dice nel corso della riunione del gruppo Pd in Consiglio regionale. L’interesse di tutti ora, ha fatto intendere, deve essere quello di ricostruire un clima di concordia per affrontare gli ultimi due anni di mandato e prepararsi alle elezioni. I renziani non hanno eluso l’invito. Ma da parte loro e anche da parte delle altre componenti (emilianisti) è arrivato l’invito a «rigenerare il partito». Sembra un invito diretto al segretario Lacarra a lasciare la segreteria.
Amati Tutti i temi emersi in queste ore sono stati ampiamente trattati Mazzarano Il renzismo ha distrutto tutta la nostra organizzazione A Bari Frizioni nella segreteria barese: mozione contro il coordinatore cittadino
«Sono state sviscerate BARI tutte le questioni aperte» (Fabiano Amati). «Una riunione utile e franca per atti politici conseguenti» (Michele Mazzarano). «Conclusione unitaria, bisogna ricompattarsi» (Mario Loizzo). I commenti dei consiglieri regionali del Pd, alla conclusione della riunione del gruppo, sono concordi. L’incontro è stato utile per migliorare il clima e rimettere benzina nel motore di un partito ancora sotto choc per il risultato elettorale. Naturalmente non sono tutte rose e fiori. La riunione ha prodotto anche un monito perentorio che suona più o meno così: «Il partito deve trovare la forza di rigenerarsi». Un appello che è venuto dalle due componenti principali (emilianista e renziana). In tal senso si sono espressi gli assessori Mazzarano e Piemontese, ma anche i consiglieri Amati e Pentassuglia. È sembrato un invito morbido (pugno di ferro in guanto di velluto) al segretario Marco Lacarra perché si faccia da parte. Il segretario ha replicato con franchezza: nessun problema a lasciare la poltrona, ma non deve sembrare che l’esito elettorale sia una responsabilità della segreteria regionale.
Da Michele Emiliano è arrivato un invito alla concordia. Capisce che, in vista delle Regionali del 2020, solo un partito unito può lavorare meglio all’attuazione del programma e alla mobilitazione sul territorio. Il governatore, in questa chiave, ha chiesto di superare la diatriba «tra renziani e anti renziani». Essendo stato uno dei protagonisti della lotta contro l’ex segretario del Pd, sarebbe stato facile attendersi una reazione dei seguaci di Renzi. E invece no. L’appello non è stato eluso. Tutti hanno riconosciuto la necessità si stringere i ranghi. La paura dei 5 Stelle e di un centrodestra uscito dal letargo sono il miglior ricostituente.
Nonostante la volontà di non dividersi, i discorsi sono stati pronunciati con franchezza. Mazzarano, per esempio, ha usato un argomento che ha graffiato i renziani quando ha detto che «il renzismo ha distrutto il partito, perché ha avuto la pretesa di costruire il governo senza l’apparato».
Ora è il momento del rilancio. Si deve ripartire dai temi. Cioè dalla concretezza delle risposte, se è vera la diagnosi che il voto contro il Pd nasce dai bisogni non soddisfatti della popolazione in sofferenza. Decisivi saranno i capitoli della sanità, della spesa dei fondi Ue per sostenere il ciclo positivo dell’economia, della chiusura del ciclo dei rifiuti, dell’impegno sull’agricoltura.
Sarà necessario prevedere un paio di innesti nella giunta regionale: sono due le caselle vuote. Emiliano, sul punto, ha però rivendicato «le prerogative del presidente». Vuole decidere da solo, insomma, senza essere condizionato. Il capogruppo Paolo Campo non ha eccepito: lo ha invitato a fare le valutazioni e poi informare i gruppi di maggioranza.
Non è difficile, tuttavia, immaginare che vorrà offrire una poltrona a Leu (Romano o Abaterusso) per tenere coperta quella parte dello schieramento. E poi coinvolgere qualcuno dei renziani: Amati, Pentassuglia, Mennea o Blasi.
Per un conflitto che per ora sembra attenuarsi, ce n’è un altro che si apre. Questa volta la discussione si è aperta (abbastanza fragorosamente) nel Pd di Bari. Un terzo dell’assemblea cittadina ha votato ieri pomeriggio una mozione per chiedere discontinuità e l’apertura di un confronto interno a seguito della sconfitta elettorale. Il documento chiedeva pure il passo indietro del segretario Silvio Delle Foglie vicino al sindaco Antonio Decaro: la mozione non è passata ma è indicativa del clima.
«Sapevamo di non avere i numeri - sostiene Paolo Giannini, presentatore della mozione - ma volevamo segnalare in maniera chiara la questione. Perché restano sul tavolo le ragioni di una profonda riflessione sul risultato elettorale e su come aprire anche a Bari una pagina nuova. Il segretario non ha responsabilità ma, appunto, siamo in una fase nuova e vanno trovate le figure che meglio possono interpretarla».