Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
I PERCHÉ IGNORATI DI UNA DISFATTA
Se non fosse una situazione tremendamente seria, si potrebbe anche sorridere sulle vicende politiche di questi giorni. Il Pd ha perso clamorosamente ma è talmente corteggiato dai vincitori da non aver tempo per interrogarsi sulle ragioni del crollo. L’importante sembra lo scegliere un pretendente tra i vincitori, anche perché è ciò che chiedono insistentemente il presidente della Repubblica e la Conferenza episcopale italiana. L’unico problema, a Roma come in Puglia, è quale dei corteggiatori preferire o se, evitando la scelta, non sia meglio fare come le fanciulle di una volta che dopo una qualche disavventura rinunziavano al matrimonio riparatore e andavano in convento, ovvero all’opposizione. Probabilmente, è anche la paura che dopo un accordo – con chiunque esso sia – qualcuno possa dichiarare gli sposi “pubblici concubini e pubblici peccatori” come fece il vescovo di Prato nel lontano 1956 puntando il dito su una coppia che si era sposata solo civilmente. Date le circostanze, parlare di matrimonio o di unione civile è eccessivo. Al più si tratterebbe di convivenza di fatto e a tempo, anzi di “convergenze parallele ma temporanee”. Gli ossimori non passano mai di moda.
Brunetta vuole l’unione di Berlusconi con Renzi, Salvini con il Pd ma senza Renzi, Cinque stelle andrebbero con tutti e persino con Salvini il quale però sembra che non li voglia, Berlusconi è pronto a trattare con tutti tranne che con Cinquestelle e, forse, neppure con Salvini. Il Pd non andrebbe con alcuno, al più con Berlusconi - numeri permettendo - o con i Cinque Stelle, a patto però che non lo sappia nessuno. Emiliano in Puglia con Cinquestelle o con chiunque gli faccia fare il governatore. Nella girandola di strategie il Pd deve, però, affrontare l’interrogativo sul perché della sconfitta o, visto il 13% preso in Puglia, del crollo. Nessuno, né i dirigenti né il governatore, hanno tentato analisi sui motivi della disfatta, pesante nelle città amministrate dal Pd. Per il momento sembra più importante decidere chi deve andarsene e chi deve prenderne il posto. Al partito o in giunta. In Forza Italia, anch’essa arretrata su scala nazionale, è iniziata una discussione sulle ragioni, anche locali, dei cattivi risultati. Nel Pd, invece, il silenzio è assordante. L’unica domanda che si sente è quella di un vecchio film di Alberto Sordi: «Scusi, lei è favorevole o contrario?». Ad andare al governo, si intende.