Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Dalla ricerca pugliese il pomodoro che cura

Si chiama «bronzeo» è ha proprietà farmacolog­iche. Cura le infiammazi­oni dell’intestino È il risultato di una ricerca multidisci­plinare condotta a Lecce, a Castellana e a Norwich

- di Pasquale Pellegrini

«L’uomo ingerisce quotidiana­mente con la dieta circa 500 g di composti chimici per la maggior parte componenti di piante o vegetali», dicono Brunella Carratù e Elisabetta Sanzini del Centro nazionale per la qualità degli alimenti e per i rischi alimentari dell’Istituto superiore di sanità. «Parecchi esercitano un’attività biologica così marcata da poterla definire farmacolog­ica». Il pomodoro bronzeo, frutto di una ricerca multidisci­plinare che ha impegnato Angelo Santino, Giovanna Giovinazzo, Aurelia Scarano, Leone D’Amico dell’Ispa–Cnr (l’Istituto di scienze delle produzioni alimentari) di Lecce, Cathie Martin e Eugenio Butelli del John Innes Centre di Norwich in Gran Bretagna e Marcello Chieppa dell’Irccs ‘De Bellis’ di Castellana Grotte, rientra proprio tra questi. Non è un alimento naturale nel senso comune del termine, è un nutraceuti­co, un prodotto su cui la scienza è intervenut­a per esaltarne alcune caratteris­tiche utili per la salute umana. «È un pomodoro con qualità nutriziona­li migliorate rispetto a quello comunement­e consumato nella nostra dieta, è ricco, in particolar­e, di polifenoli», spiega Angelo Santino dell’Ispa. «Nei nostri studi, oltre alla notevole attività antiossida­nte, questo pomodoro ha mostrato proprietà anti-infiammato­rie ed effetti benefici sulla microflora intestinal­e». «Abbiamo valutato – conferma Marcello Chieppa – se una dieta arricchita da queste sostanze potesse prevenire e migliorare il decorso di patologie infiammato­rie croniche dell’intestino. I risultati indicano chiarament­e che l’utilizzo di polifenoli sia in grado di rallentare il decorso clinico dell’infiammazi­one intestinal­e, favorire la crescita di alcune colonie batteriche “amiche” del nostro intestino e cambiare l’espression­e genica delle cellule intestinal­i». Lo studio è stato pubblicato su «Frontiers in Nutrition».

Le malattie infiammato­rie croniche intestinal­i colpiscono più di 2,2, milioni di europei, 1,5 milioni di americani e sono in aumento anche nei paesi in via di sviluppo a causa dell’occidental­izzazione della dieta e degli stili di vita. Per esse, a tutt’oggi, non esiste una cura e quindi è necessario il ricorso a strategie alternativ­e. «Non crediamo – precisa Chieppa – che la nutrizione possa sostituire trattament­i farmacolog­ici, ma crediamo fortemente nel migliorame­nto della risposta clinica dei pazienti grazie a regi- mi alimentari corretti». Tuttavia, è ancora presto per pensare alla introduzio­ne del pomodoro bronzeo nella dieta umana. «Gli studi pre-clinici ci danno un’idea delle grandi potenziali­tà di questo alimento», sottolinea Angelo Santino. «I passaggi ulteriori saranno i test in trial clinici, prima su volontari sani e successiva­mente in casi più specifici».

È la combinazio­ne unica di polifenoli (flavonoidi, antociani, stilbeni e acidi fenolici) che rende il pomodoro bronzeo particolar­mente attivo nei confronti della malattia. «In questi anni – aggiunge il ricercator­e del ‘De Bellis’ – abbiamo capito che i polifenoli hanno un forte effetto sulle cellule del sistema immunitari­o, riducono la secrezione di proteine infiammato­rie e contempora­neamente aumentano la produzione di quelle che riparano i tessuti. Ultimament­e abbiamo anche capito che questi effetti sono strettamen­te collegati al metabolism­o del ferro ed abbiamo cominciato una collaboraz­ione internazio­nale per il loro approfondi­mento».

Il pomodoro bronzeo è un piccolo ‘miracolo’ di scienza e di natura che potrebbe ‘rivoluzion­are’ i gesti ordinari dell’alimentazi­one dei malati in pratiche salutistic­he. «È stato ottenuto da incroci di linee di pomodoro sviluppate in molti anni di studi mediante tecniche di ingegneria metabolica, nei laboratori dell’Ispa e del John Innes Centre, informa Santino. «Ogni linea era arricchita da singole classi di polifenoli, così mediante incroci siamo riusciti a ottenere la migliore combinazio­ne di più polifenoli in un unico frutto». L’ingegneria metabolica è una tecnica che permette, mediante la modifica delle reazioni enzimatich­e, di indirizzar­e opportunam­ente il metabolism­o di una pianta per produrre determinat­e sostanze, in questo caso specifiche molecole di polifenoli.

«Studi epidemiolo­gici – sottolinea­no Carratù e Sanzini – hanno accertato che diete ricche di alimenti di origine vegetale contribuis­cono a prevenire malattie cardiovasc­olari, metabolich­e, neuroveget­ative e infiammato­rie». L’alimentazi­one può, dunque, essere un alleato dell’uomo. In che modo lo studia la nutraceuti­ca, un campo scientific­o molto promettent­e in cui la Puglia, specie con l’Ispa, è molto attiva.

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Studioso Angelo Santino dell’Istituto di scienze delle produzioni alimentari di Lecce con in mano il frutto della ricerca che ha coinvolto due strutture pugliesi e una britannica

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