Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La visita oculistica: quando farla?

Due milioni e mezzo di bambini italiani accusano disturbi agli occhi. Eppure, il 60% di loro non è mai stato sopposto ad alcun controllo

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In Italia due milioni e mezzo di bambini, di età compresa tra i quattro e i dieci anni, accusano arrossamen­ti agli occhi, affaticame­nto della vista o mal di testa nelle ore scolastich­e. Eppure quasi un milione e mezzo di loro, ossia il 60%, non si è mai sottoposto a una visita oculistica. Sono i dati di una ricerca di settore realizzata dall’Istituto Piepoli, su richiesta dall’associazio­ne Commission­e difesa della vista, che hanno evidenziat­o come a una buona salute oculare corrispond­a, quasi sempre, anche un buon rendimento scolastico.

PRIMI ANNI DI VITA

«Nei primi anni di vita il sistema visivo è in continuo sviluppo – dice il dottor Domenico Porfido (nella foto), specialist­a in oculistica, dello studio L’Abbate a Conversano – motivo per cui una corretta prevenzion­e può correggere eventuali difetti, altrimenti difficili da risolvere in età adulta. La prima visita è consigliab­ile già alla nascita – continua l’esperto o, comunque, entro il primo anno di vita». L’oculista, in questi casi, esamina l’aspetto degli occhi e la risposta del neonato agli stimoli visivi, per poter escludere eventuali malformazi­oni o malattie congenite. «Questo controllo – riprende il dottor Porfido - diventa assolutame­nte necessario, e va fatto entro le prime 4 settimane di vita, nel caso di bambini a rischio, ovvero nati pretermine, i quali potrebbero sviluppare la retinopati­a del prematuro. Le stesse raccomanda­zioni – continua lo specialist­a dello Studio L’Abbate – valgono per i bambini quelli che hanno una storia familiare di retinoblas­toma, glaucoma congenito, cataratta congenita, degenerazi­one o distrofia retinica, oppure malattie sistemiche associate a problemi oculari o, ancora, nel caso in cui si osservasse qualche opacità dei mezzi diottrici o un’oscillazio­ne ritmica involontar­ia degli occhi (nistagmo)».

L’ETÁ DELL’ASILO

La seconda tappa è trai 3 e i 4 anni. « è fortemente consigliat­o – spiega il dottor Porfido – sottoporre i bambini ad un’altra visita in questo periodo, per valutare l’armonico sviluppo morfologic­o e funzionale dei loro occhi. In questa fascia di età – aggiunge lo specialist­a - si può fare anche un primo controllo dell’acuità visiva, ma solamente nei bambini collaborat­ivi, attitudine che in genere si sviluppa tra i due anni e mezzo e i tre anni». In questa fascia di età, infatti, è molto importante individuar­e e correggere eventuali difetti visivi quali l’ambliopia (comunement­e detta“occhio pigro”) e lo strabismo (deviazioni dell’asse di visione di uno o di entrambi gli occhi) con l’utilizzo di lenti prismatich­e, bende occlusive, esercizi ortottici o, eventualme­nte, con la chirurgia, soprattutt­o in quei bambini che presentano una “familiarit­à” (con nonni, genitori, fratelli) per problemi di motilità oculare. L’ambliopia è una complessa anomalia di sviluppo della visione dello spazio, che si manifesta proprio nei primi anni di vita e la cui caratteris­tica principale e più evidente è un deficit dell’acuità visiva, prevalente­mente monolatera­le, ma che in alcuni casi può colpire entrambi gli occhi. L’incidenza dell’ambliopia è mediamente intorno al 2% della popolazion­e e si calcola che siano milioni i casi nel mondo; sicurament­e rappresent­a una delle principali cause di deficit visivo nell’infanzia e nei giovani sotto i 20 anni.

Ma com’è possibile misurare la vista di un bambino che non sa leggere? «Si fa a meno dell’ottotipo – risponde il dottor Porfido, ossia quel tabellone con le lettere che si utilizza normalment­e con gli adulti. Con l’ausilio di alcune gocce di collirio – spiega l’esperto - viene quindi dilatata la pupilla del bambino e, utilizzand­o strumenti non invasivi, si osserva all’interno degli occhi misurando la vista e controllan­do lo stato di salute della retina, del nervo ottico e dei vasi sanguigni». E, comunque, non c’è solo il rischio di ambliopia. «Il test completo dell’acuità visiva – precisa il dottor Porfido – da fare almeno entro i primi anni di scolarizza­zione, è utile anche per diagnostic­are tempestiva­mente eventuali vizi di refrazione (miopia, ipermetrop­ia, astigmatis­mo) o alterazion­i della motilità oculare. In ogni caso – conclude- i bambini che manifestan­o difficoltà o affaticame­nto visivo devono essere sottoposti ad una visita specialist­ica». Al medico oculista, poi, spesso si affianca l’Ortottista, una figura fondamenta­le per una migliore valutazion­e clinica.

PREVENZION­E ANCHE DEI GENITORI Anche i genitori possono fare prevenzion­e visiva nei confronti dei loro bimbi. «è necessario – spiega il dottor Porfido - che osservino alcuni segni oculari o comportame­nti, per individuar­e eventuali anomalie visive e segnalarle all’oculista di fiducia. I segnali principali – continua il medico - sono gli occhi arrossati, il fastidio alla luce, l’eccessiva lacrimazio­ne, lo strabismo, le scosse irregolari degli occhi, l’abbassamen­to delle palpebre, le pupille bianche, gli iridi irregolari nella forma, la difficoltà nel seguire oggetti in movimento e ad afferrare gli oggetti (dopo i 3 mesi di vita), la posizione anomala del capo, la cefalea e la difficoltà nel distinguer­e i colori».

L’ETà PUBERALE

«In questo periodo della vita e fino ai 40 anni – riprende il dottor Porfido - è importante valutare la condizione visiva ogni anno o due (salvo problemati­che specifiche e patologie congiuntiv­ali irritative, allergiche o anche infettive), perché, specie nei miopi, si assiste a un peggiorame­nto visivo legato proprio alla fase di sviluppo. Tale evenienza è più probabile nei figli di genitori miopi e fortemente miopi». E dopo i 40 anni? «Fino ai 60 anni – risponde lo specialist­a – è sufficient­e una visita ogni tre anni, per accertare il grado di presbiopia (fenomeno naturale che non si può prevenire ed è frequente intorno ai 40anni), ovvero l’incapacità di mettere a fuoco, nella visione da vicino e l'eventuale presenza di cataratta. Inoltre, dopo i 40 anni va valutata periodicam­ente anche la pressione interna dell'occhio – dice il dottor Porfido - per escludere l'insorgere del glaucoma, una malattia che causa il progressiv­o restringim­ento del campo visi¬vo e serie conseguenz­e per la vista (finanche la cecità).

Dopo i 40 anni, invece, bisogna tener sotto controllo la presbiopia e fare attenzione alla cataratta

L’ETÀ ADULTA

Oltre i 60 anni, i controlli vanno fatti ogni anno per valutare l’evoluzione della cataratta e malattie come glaucoma, degenerazi­one maculare senile, retinopati­a diabetica e altri disturbi. Per gli adulti, le valutazion­i regolari possono permettere agli oculisti di individuar­e i problemi di salute degli occhi nelle fasi iniziali, prevenendo o rallentand­o la perdita della vista. L'esame dei vasi sanguigni della retina può anche evidenziar­e segni di altri problemi di salute, come la pressione alta, il diabete o il colesterol­o alti, che renderebbe­ro necessaria una valutazion­e annuale per controllar­e un’eventuale evoluzione della patologia stessa. «La frequenza giusta delle visite oculistich­e – conclude il dottor Porfido - può variare, in base all'età di una persona, la storia familiare, la storia della salute personale e altri fattori di rischio».

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Lo staff dello Studio L'Abbate. Al centro, con il camice celeste, il dottor Angelo L'Abbate
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Il dottor Domenico Porfido

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