Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Le ossessioni (in canzoni) di Diego Morga

- Di Fabrizio Versienti

Songs on My Mind s’intitola il nuovo cd del pianista barese Diego Morga. E il titolo dice tutto. Il disco è una raccolta di «fogli d’album», di canzoni che tornano alla memoria come immagini depositate nella mente, frammenti di una storia personale e generazion­ale.

Songs on My Mind s’intitola il nuovo cd del pianista barese Diego Morga. E il titolo dice tutto. Il disco è una raccolta di «fogli d’album», di canzoni che tornano alla memoria come immagini depositate nella mente, altrettant­i frammenti di una storia affettiva personale e generazion­ale. Piccole ossessioni che sotto le dita di Morga prendono forma, svelando a volte particolar­i inattesi e sorprenden­ti. Ma il pianista non fa tutto da solo. Con un diploma di conservato­rio alle spalle, un’esperienza a cavallo tra il jazz e la canzone d’autore, composizio­ni per pianoforte dettate dalla vena melodica e dalla ricerca d’atmosfere, musica per il teatro e la danza, Morga è temperamen­to inquieto e nomade per vocazione. Da anni vive in Danimarca, cogliendo però le occasioni utili per ritornare a suonare con i musicisti di casa. E da poco tempo si è spostato in Giappone, per un’esperienza che non mancherà di lasciar tracce nella sua musica. Per ora, per costruire le Songs di quest’ultimo cd, si è affidato in parte a vecchi compagni d’avventure come i baresi Vittorio Gallo (sax) e Giacomo Mongelli (batteria), in parte alla sezione ritmica danese di Tobias e Nikolaj Dall Mikkelsen. Le geometrie sono variabili, si passa dal quintetto (con la tromba di Giuliano Di Cesare) al piano solo passando per tutte le possibili combinazio­ni, anche un duo con il basso elettrico di Thomas Vang nella magnifica e oscura Love Will Tear Us Apart (Joy Division). Ecco, il repertorio. Proprio qui sta la croce, e insieme la delizia di questo disco. Perché le undici canzoni in scaletta sono tutte troppo famose e ascoltate. Per cui il gioco dello «scavo» e della riproposiz­ione in chiave personale non sempre funziona, tanto più che Morga sceglie di restare molto vicino alla melodia, lavorando su suono, arrangiame­nti, armonie, con poco spazio per l’improvvisa­zione. In alcuni casi il risultato, con quel sottile «sapore» di jazz, è ottimo: come in D0n’t Stand So Close to Me dei Police, che nell’arco dei suoi sei minuti finisce per illuminare certi angoli segreti del pezzo originale, nella Heroes bowiana per solo piano e in un paio di piccoli capolavori dei Beatles (Come Together e Norwegian Wood). In altri casi, invece, prevale la sensazione di un «gioco» piacevole ma un po’ fine a se stesso.

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