Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
CLASSE DIRIGENTE E GATTOPARDI
I nuovi assetti politici
C’ è già chi, con qualche speranza per la propria poltrona, fa propria l’arcinota sentenza del Gattopardo per cui «tutto deve cambiare perché tutto resti come prima». Per far sì che la profezia si avveri c’è chi si sta dando da fare arruolando di tutto, soprattutto spezzoni della vecchia nomenklatura di Forza Italia, senza rendersi conto che ormai si tratta solo di fantasmi con un potenziale elettorale irrisorio. Sembra difficile che questa volta il Gattopardo abbia ragione anche se sui nostri paralleli l’antico trasformismo rende tutto possibile. A ridimensionare la speranza che nulla cambi non sono solo i risultati elettorali che, soprattutto nel Mezzogiorno e in Puglia, hanno decretato il collasso dei vecchi partiti. È il clima politico che è diverso. Tanti sono delusi dai risultati e pessimisti sul futuro, ma sono molti, forse i più, quelli che pensano e dicono che cambiare è possibile.
Credere che i contenti siano solo quanti, alla fame o disoccupati, sperano nel reddito di cittadinanza è, più che miope, stolto. L’onda della sfiducia e della protesta ha traversato l’Europa e nel Mezzogiorno è diventata uno tsunami. La sensazione diffusa e palpabile è che qualcosa sia veramente cambiata; se sia per il meglio o per il peggio si vedrà. Intanto, ci sono le prossime scadenze elettorali, comunali e regionali, che potranno portare un radicale mutamento degli equilibri politici. È infatti possibile un prossimo passaggio del testimone ad una nuova classe dirigente politica e amministrativa. È anche probabile che cominci un assalto di massa alla diligenza quando bisognerà formare le liste e trovare le figure di spicco che rappresentino e guidino le formazioni. Ieri, la candidatura alle comunali o alle regionali per Cinque Stelle era una testimonianza, oggi è una chance reale. Ieri per partecipare, oggi per vincere.
La domanda da porsi riguarda i criteri di formazione e di selezione della nuova potenziale classe di amministratori. Ieri, nella troppo vituperata Prima repubblica, c’erano i percorsi che gli aspiranti dirigenti attraversavano con incarichi crescenti e che dovevano consentire formazione, valutazione e controllo. A provvedere erano non solo le organizzazioni dei partiti ma anche quelle dei sindacati, del mondo cattolico e dell’associazionismo parallelo. Oggi, tutto questo non c’è più. Gli improvvisati seminari formativi hanno più una rilevanza mediatica che altro. Con la rete e le sue illusorie piattaforme partecipative è possibile tutto e il contrario di tutto. Non resta, quindi, che la messa in visibilità di chi intende presentarsi ed offrirsi alla valutazione degli elettori. Non all’ultimo momento ma oggi.