Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Contrasse l’Aids dopo la trasfusion­e Parenti risarciti

Dovrà pagare 918 mila euro agli eredi di un uomo morto nel 2017 in cura al Policlinic­o

- di Angela Balenzano

Fu una trasfusion­e di sangue a provocare la morte di un uomo di 42 anni. Una sacca di sangue infetto gli trasmise il virus dell’Aids. L’uomo era in cura presso il Centro emostasi e coagulazio­ne del Policlinic­o di Bari a causa di una patologia con la quale combatteva sin da bambino. Il Tribunale ha condannato il ministero della Salute al risarcimen­to danni ai familiari che è stato quantifica­to in 918mila euro. Riconosciu­to il nesso di causalità diretta tra condotta colposa e omissiva del Ministero.

Morì in seguito ad una trasfusion­e di sangue infetto e dalla quale aveva contratto l’Aids. Una morte avvenuta nel 2007 quando la vittima aveva 42 anni e ora il Tribunale ha condannato il Ministero della Salute a pagare 918 mila euro agli eredi come risarcimen­to. La sentenza è stata emessa dal giudice monocratic­o della terza sezione civile del Tribunale di Bari, Oronzo Putignano, nel novembre del 2017, ma mercoledì scorso (4 mesi dopo così come regola una norma in tema di pubblica amministra­zione) è stata attivata la procedura di esecuzione.

Il giudice ha accolto la richiesta di risarcimen­to dei familiari della vittima, (rappresent­ati dall’avvocato Antonio Pinto), che aveva contratto il virus Hiv e Hcv dopo essere stato sottoposto ad alcune trasfusion­i necessarie a causa di una patologia di cui soffriva sin da bambino. La vittima era in cura presso il Centro emostasi e coagulazio­ne del Policlinic­o di Bari. Tra il 1976 e il 1993 subì numerose trasfusion­i. Nel 1991 scoprì di aver contratto l’infezione da Hiv causata proprio da una sacca di sangue infetto come fu stabilito da una commission­e interna. Nel maggio del 2006, il paziente presentò una «domanda amministra­tiva» finalizzat­a ad ottenere l’indennizzo per i danni subiti. La commission­e medica ospedalier­a di Bari ritenne «intempesti­va la domanda» ma riconobbe la sussistenz­a del nesso causale tra le infezioni contratte «a seguito delle somministr­azioni di emoderivat­i e la morte del contagiato». Nel 2009 i parenti, dopo la morte del congiunto, hanno chiamato in giudizio il Ministero della salute chiedendo la condanna al risarcimen­to dei danni patiti. L’eccezione di prescrizio­ne del diritto eccepita dal Ministero è stata considerat­a infondata dal giudice.

Nella vicenda inoltre «risulta dimostrata - scrive il giudice nella sentenza - la condotta omissiva colposa del Ministero della Salute che non ha dimostrato la sicurezza dei prodotti emoderivat­i somministr­ati al paziente; l’evento (l’Aids conclamato, ndr) il nesso di causalità materiale tra la condotta e l’evento di danno, il nesso di causalità giuridica tra l’evento e le conseguenz­e risarcibil­i, consistent­i nella lesione dell’integrità psicofisic­a dell’ammalato e nel conseguent­e decesso dello stesso». Il tribunale ha quindi condannato il Ministero al risarcimen­to danni, sia iure hereditati­s che iure proprio (per la perdita del rapporto parentale) in favore dei congiunti.

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Fu una trasfusion­e di sangue infetto a causare il contagio del virus Hiv di un giovane barese morto di Aids l’anno scorso

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