Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Se Lecce mangia nel «ristoro» di un piemontese
La cucina sapida e fantasiosa di Maurizio Raselli, uno chef piemontese a Lecce
Oramai da diversi anni la gastronomia è diventata un fenomeno mediatico. Lo dimostrano i numerosi cooking shows che imperversano su tutte le reti televisive, pubbliche e private, regionali e nazionali. Può piacere o non piacere, ma questa è una realtà di cui è inevitabile prendere atto, anche perché insieme alla gastronomia sono diventati fenomeni mediatici molti chef importanti e di talento. Molti ma non tutti. Alcuni infatti rivendicano con orgoglio il ruolo di artigiani dei fornelli, senza ombra di esibizionismo da divi del teleschermo. È il caso di Maurizio Raselli, trasferitosi dal Piemonte a Lecce per aprire un localino nei pressi del castello di Carlo V che sembra essere un indirizzo interessante. All’interno regna un’atmosfera invitante e raccolta, con soli cinque tavoli per ospitare al massimo una ventina di coperti, divertenti sedie e postazione per due persone accanto alla cucina parzialmente a vista (foto 1). Qui vedono la luce le creazioni di Maurizio (foto 2), sempre sensate e ricche di sapori autentici, anche quando la fantasia dello chef è proiettata verso ardite contaminazioni e accostamenti apparentemente stravaganti.
Se l’iniziale crema di zucca con ricotta di bufala e mandarino è delicata ma mostra di non avere molto carattere, per il resto è un susseguirsi di fascinose e sorprendenti soluzioni. A partire dall’insolito incontro del carpaccio di tonno con il vitello brasato in salsa tonnata, che propone in veste originale il classico vitello tonnato; fino ai ravioli ripieni di paté di fegato di pollo con panna montata salata, cipolla marinata e fichi cotti nel mosto, dove il dolce dei fichi contrasta degnamente l’acidità della cipolla marinata. Si continua con due piatti che ci sono sembrati eccellenti per il gusto, la tecnica di preparazione e la presentazione: l’uovo in camicia con bottarga di muggine, lardo freddo grattugiato e passata di topinambur, e la lingua in due cotture, bollita e brasata, con salsa verde, sponsali e arancia ( foto 3). Nel primo l’inserimento del topinambur serve a creare una sorta di base neutra che regala equilibrio al risultato finale, nel secondo l’arancia sdrammatizza l’intensità degli altri ingredienti.
In cantina molti prodotti biologici o naturali, con etichette pugliesi e piemontesi, e qualche bollicina francese. Il conto, vini esclusi, si aggira intorno ai 40 euro.