Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’odissea di avvocati e giudici dentro il Tribunale che crolla
Undici luglio 2017: «Caldo in aule Tribunale Bari, avvocati e giudici senza toga». Sette agosto 2017: «Tribunale di Bari cade a pezzi, crolla elemento di metallo davanti l’ingresso». Sei marzo 2018: «Cade intonaco alla sezione fallimentare del Tribunale civile». Undici ottobre 2017: «Acquazzone si abbatte sulla città, Tribunale allagato in piazza de Nicola».
Quindici novembre 2017: «Bari, piove all’interno del Palagiustizia e cadono i calcinacci: emergenza dopo il maltempo». Ventuno novembre 2017: «Tribunale di via Nazariantz senza acqua da giorni». Quattordici gennaio 2018: «Il Tribunale a ostacoli per i disabili. Accessi negati». Nove aprile 2018: «Topi e ratti nel Palazzo di giustizia di via Nazariantz». E, per chiudere, il lastrone di marmo crollato qualche giorno fa da una delle pareti dell’ascensore del Tribunale civile: una vera iattura, considerando che era uno dei pochi funzionanti. L’elenco di quanto, negli ultimi mesi, hanno dovuto sopportare magistratura, avvocatura e personale di cancelleria che operano nel distretto giudiziario barese è approssimato per difetto per motivi di spazio; è mortificante, invece, il disagio di chi ogni giorno deve convivere con ascensori fuori servizio, bagni indecorosi a rischio allagamento, picchi di freddo o caldo a seconda delle stagioni, crolli vari e, dulcis in fundo, topi in libertà (neanche troppo vigilata).
Ma se un rischio crollo o un allarme igienico-sanitario non sembrano configurare situazioni di emergenza per cui attivare interventi con il carattere di estrema urgenza, quali allora potrebbero esserlo? Un ferito a causa di un crollo? Un cittadino colpito da malore per via dei cinque piani da scalare a piedi? Malattie infettive causate dagli escrementi dei roditori o dagli scarichi guasti dei bagni? Purtroppo, nessuno risponderà alla nostra domanda. La conferenza permanente si è dimostrata volenterosa e sensibile nei confronti delle nostre istanze ma non riesce a sbloccare fondi già stanziati e disponibili per le attività di manutenzione (quattro milioni circa) a causa della burocrazia che, tra i meandri dei ministeri, ingessa ogni iter per questi interventi; un impenetrabile muro di gomma. Da un decennio denunciamo lo stato mortificante in cui versano luoghi che, per definizione, dovrebbero trasmettere austerità e sicurezza, ma che crollano a pezzi nell’apparente indifferenza delle istituzioni responsabili della manutenzione dell’edilizia giudiziaria barese. Adesso la misura è davvero colma: il miraggio dei nuovi uffici giudiziari in città non distragga dalla necessità di luoghi dignitosi per la gestione della funzione giudiziaria. Chi ha il potere di vincere questo immobilismo lo faccia subito; per noi operatori della giustizia e per il bene della città.