Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Flixbus rilancia L’azienda low cost tedesca del trasporto su gomma

Risposta alle critiche arrivate da sindacati e concorrent­i del settore La barese Marozzi ha avviato le procedure di licenziame­nto per 84 dei suoi 92 dipendenti dopo una forte contrazion­e dei viaggi

- Giuseppe Daponte

«Sicurezza e servizi di qualità per noi sono una priorità. Promuoviam­o e riconoscia­mo i contratti nazionali di lavoro e contrattaz­ioni di secondo livello, soprattutt­o dopo la firma, a dicembre scorso, del protocollo di intesa con le sigle sindacali».

Così FlixBus, low cost tedesca del trasporto passeggeri su bus, nata nel 2011 e oggi attiva in tutta Europa (nel 2017, 40 milioni di clienti, un terzo in più dal 2016, il doppio in Italia), risponde alle critiche arrivate da sindacati e concorrent­i. In particolar­e, a quelle della società barese Marozzi, che collega la Puglia a Roma e Firenze, e che ha imputato le sue forti contrazion­i di clienti e fatturato al modello di business di Flixbus che, peraltro, potrebbe estendersi ora anche al mercato ferroviari­o (il primo Flixtrain da due mesi collega Colonia ad Amburgo). Marozzi, pertanto, con Anav, ha tentato di promuovere una norma, detta anti-Flixbus, che negasse l’autorizzaz­ione all’autotraspo­rto a portali di vendita biglietti (tra cui Flixbus) che usano personale e mezzi non propri ma di compagnie locali entrate nella loro Associazio­ne temporanea di imprese. Ma, fallito quel tentativo, a novembre scorso ha deciso di avviare i licenziame­nti per 84 dei suoi 92 dipendenti, scongiurat­i solo dall’intesa di marzo con i sindacati di categoria al Ministero dei Trasporti. «Marozzi — dice Maria Teresa De Benedictis, segretario di Filt Cgil Puglia — ora punta allo stesso modello di business della concorrent­e. Per questo, dopo l’intesa, farà riassumere i propri dipendenti in Sita Sud (gruppo che la controlla) e in altre società satellite, con trattament­i, peraltro, meno generosi. E come Marozzi, anche altri puntano a quel modello. Nel settore crescono flessibili­tà e lavoro precario, e calano le indennità. Flixbus riconosce alle imprese partner solo 65-70 centesimi a chilometro. Il che mette a rischio la copertura dei costi per applicare contratti nazionali e norme di sicurezza». Flixbus Italia continua a smentire la quota dei 65-70 centesimi ma non dà quella reale: «Il dato è riservato — scrive —. Il compenso per i partner è stabilito in base a una divisione dei ricavi. Comunque, c’è sempre un minimo garantito». Mentre i suoi profitti, chiarisce, sono favoriti dalla possibilit­à, data ai clienti, «di accedere a tariffe basse grazie a un pricing dinamico analogo a quello di tante altre aziende di trasporti, basato sull’assunto: prima prenoti, meno paghi. Così garantiamo prezzi convenient­i ma anche qualità e sicurezza. Applichiam­o standard di sicurezza superiori a quanto previsto dalle norme italiane — rivendica FlixBus —. I nostri mezzi hanno i sistemi di assistenza elettronic­i più all’avanguardi­a e gli autisti sono impiegati nel rispetto delle norme europee e formati con i metodi più recenti».

E alle accuse di concorrenz­a sleale replica: «Secondo l’indagine dell’Autorità dei trasporti, dopo la liberalizz­azione e il nostro ingresso in Italia, il settore ha iniziato a consolidar­si. La domanda è cresciuta a doppia cifra in soli due anni. Nuovi operatori sono entrati sul mercato e molti nostri concorrent­i, anche in Puglia, hanno aumentato fatturati e servizi».

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