Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Le parole-chiave di Molodkin e la vergine di Pisani
Il progetto «Puglia-Circuito del Contemporaneo», curato da Giusy Caroppo in collaborazione con il Polo museale della Puglia, si è inaugurato nelle prime due sedi previste. A Barletta, con un doppio passo, la mostra «Victory of Democracy» di Andrei Molodkin e l’apertura del «Lapidarium», l’ex museo civico riorganizzato con efficaci criteri museografici. A Gravina, nel settecentesco Palazzo-Museo della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, con l’installazione «Vergine nera» di Vettor Pisani, in collaborazione con la Fondazione Morra di Napoli.
Risulta opportuna la scelta di collocare la criptica opera di Pisani in un luogo che si offre come un eclettico palinsesto tra sacro e profano. Temi non estranei all’artista che in questa famosa installazione del 2007 parte dalle più abusate iconografie cristiane per immergersi in una complessa speculazione. Vita e morte, storia e mito, filosofie ermetiche e massoneria si intrecciano in un percorso creativo all’insegna di un’autoironia pungente, per l’occasione valorizzata da un contesto che contempla museo archeologico, biblioteca, dimora privata, cripta e chiesa rupestre.
A Barletta, il progetto trova un altro punto di forza, sempre nel rinnovare la lettura del patrimonio artistico e paesaggistico della regione innestandovi i linguaggi del presente. Nella mastodontica installazione dell’artista russo Molodkin, temi politici cogenti del nostro tempo si materializzano nelle lettere della parola «Government», non tutte in piedi ma in allarmanti ammassi che ne inficiano la piena leggibilità. Quasi un monito che introduce a una riflessione, affidata dall’artista russo, simbolicamente, al sangue e al petrolio, metafore esplicative del trionfo del capitalismo globale. Scorrono entrambi nelle grandi lettere della parola «Democracy», e la contaminano nel tentativo di attribuirle il rango dovuto anche quando riacquista un’ampiezza ambientale nella proiezione sulle lapidee pareti dei sotterranei del castello.
Il sangue fluisce in complessi circuiti chiusi e colora, di perturbante rosso, Nike svettanti o si mescola al petrolio per alimentare scenografici proclami sul rapporto tra risorse energetiche e sfruttamento. È un sangue meticcio proveniente da donatori di religioni diverse, che Molodkin amalgama in vampiresche ma incisive soluzioni concettuali. Lo fa in un luogo dove i fasti di un impero del passato, ravvisabili nel busto di Federico II, fiore all’occhiello del Lapidarium, si raccordano alle sopraffazioni di un presente gravato da disuguaglianze e asimmetrie economiche.