Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Classi di rabbia in cui il ruolo di chi insegna è stato svalutato
Anche la scuola, sempre più spesso, è profanata dalla violenza endemica che ormai non risparmia alcun ambito sociale. Si sperava che avesse conservato una patina di sacralità. Ma così non è più da tempo.
In Puglia gli episodi di bullismo, cioè violenza (a Lecce a un ragazzo dell’istituto Olivetti è stata asportata la milza, dopo l’episodio invece registratosi al Fermi), si susseguono con una certa regolarità. E vanno di pari passo con l’aggressività verso i docenti documentati da video che spopolano sul web. Come trofei di frange giovanili che vivono la scuola non più come occasione di studio e scalata sociale, ma come luogo in cui esprimere la propria rabbia.
Come si è arrivati a questo punto? Per le scelte governative che hanno finito con lo svilire il ruolo simbolico della scuola. Deprezzando la funzione dei docenti, dal punto di vista remunerativo, innanzitutto, ma anche come rappresentanti di uno dei poteri fondamentali della struttura istituzionale.
Se passa questo messaggio, ed è passato, gli insegnanti restano soli a fronteggiare l’animosità di una società che non rispetta più alcuna forma di autorità. E perché, come dice lo psicanalista Massimo Recalcati (L’ora di lezione, Einaudi) nella scuola è saltata la storica alleanza tra docenti e genitori che non comprendono che i figli crescono anche con i «no» e con i brutti voti (i primi segnali degli schiaffi della vita).
Il resto poi lo fa il tempo in cui ci è dato vivere. A partire dallo scarso valore che ha la cultura. Paola Mastrocola (La passione ribelle, Laterza) scrive che «lo studio è sparito dalle nostre vite. Nessuno studia più. Se ne può fare a meno. E non ci piace, né per noi né per i nostri figli».
In questo scenario, i docenti combattono una partita che forse sentono inutile; assistono senza potere fare molto all’anarchismo delle loro classi, resuscitano il sei politico, la «palude del minimo indispensabile», come dice la Mastrocola. E se per caso, tra gli studenti spunta un’eccellenza, si rapportano all’”alieno” con disincanto e distacco.
Perché la scuola, così come è, non è pronta a gestire quell’anomalia. Perché l’emergenza sono i ragazzi che si menano, i genitori che litigano con i professori, i livelli di formazione medi e medio-bassi. Una scuola così rischia di smarrire la propria missione. Soprattutto verso i figli delle famiglie economicamente e culturalmente meno fortunate. Gli altri, hanno un’altra corsia. Forse ha ragione Michele Serra. Nelle scuole italiane c’è una nuova questione di classe. E il bullismo, la violenza, i video postati sui social e inviati via Whatsapp in cui si mettono alla berlina gli insegnanti, ne sono una evidente testimonianza.
Il minimo indispensabile
Contro l’aggressività dei giovani i professori combattono una partita che forse ritengono inutile
E così resuscitano il sei politico