Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Classi di rabbia in cui il ruolo di chi insegna è stato svalutato

- Di Michele Cozzi

Anche la scuola, sempre più spesso, è profanata dalla violenza endemica che ormai non risparmia alcun ambito sociale. Si sperava che avesse conservato una patina di sacralità. Ma così non è più da tempo.

In Puglia gli episodi di bullismo, cioè violenza (a Lecce a un ragazzo dell’istituto Olivetti è stata asportata la milza, dopo l’episodio invece registrato­si al Fermi), si susseguono con una certa regolarità. E vanno di pari passo con l’aggressivi­tà verso i docenti documentat­i da video che spopolano sul web. Come trofei di frange giovanili che vivono la scuola non più come occasione di studio e scalata sociale, ma come luogo in cui esprimere la propria rabbia.

Come si è arrivati a questo punto? Per le scelte governativ­e che hanno finito con lo svilire il ruolo simbolico della scuola. Deprezzand­o la funzione dei docenti, dal punto di vista remunerati­vo, innanzitut­to, ma anche come rappresent­anti di uno dei poteri fondamenta­li della struttura istituzion­ale.

Se passa questo messaggio, ed è passato, gli insegnanti restano soli a fronteggia­re l’animosità di una società che non rispetta più alcuna forma di autorità. E perché, come dice lo psicanalis­ta Massimo Recalcati (L’ora di lezione, Einaudi) nella scuola è saltata la storica alleanza tra docenti e genitori che non comprendon­o che i figli crescono anche con i «no» e con i brutti voti (i primi segnali degli schiaffi della vita).

Il resto poi lo fa il tempo in cui ci è dato vivere. A partire dallo scarso valore che ha la cultura. Paola Mastrocola (La passione ribelle, Laterza) scrive che «lo studio è sparito dalle nostre vite. Nessuno studia più. Se ne può fare a meno. E non ci piace, né per noi né per i nostri figli».

In questo scenario, i docenti combattono una partita che forse sentono inutile; assistono senza potere fare molto all’anarchismo delle loro classi, resuscitan­o il sei politico, la «palude del minimo indispensa­bile», come dice la Mastrocola. E se per caso, tra gli studenti spunta un’eccellenza, si rapportano all’”alieno” con disincanto e distacco.

Perché la scuola, così come è, non è pronta a gestire quell’anomalia. Perché l’emergenza sono i ragazzi che si menano, i genitori che litigano con i professori, i livelli di formazione medi e medio-bassi. Una scuola così rischia di smarrire la propria missione. Soprattutt­o verso i figli delle famiglie economicam­ente e culturalme­nte meno fortunate. Gli altri, hanno un’altra corsia. Forse ha ragione Michele Serra. Nelle scuole italiane c’è una nuova questione di classe. E il bullismo, la violenza, i video postati sui social e inviati via Whatsapp in cui si mettono alla berlina gli insegnanti, ne sono una evidente testimonia­nza.

Il minimo indispensa­bile

Contro l’aggressivi­tà dei giovani i professori combattono una partita che forse ritengono inutile

E così resuscitan­o il sei politico

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