Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Il pallone e la miniera» vita di emigranti italiani
In «Il pallone e la miniera» Tonio Attino racconta l’integrazione dei lavoratori italiani in Lussemburgo
Ametà tra romanzo storico e reportage narrativo costruito attraverso le interviste ai protagonisti e ai loro discendenti, il nuovo libro di Tonio Attino Il pallone e la miniera. Storie di calcio e di emigranti (edito da Kurumuny, pp. 160, euro 13) racconta la storia vera dei calciatori-minatori della Jeunesse Esch: una bella storia di sport e insieme un’epopea del lavoro, dove si parla di emigranti italiani in cerca di fortuna per i quali il calcio diventa uno strumento d’integrazione sociale e di mutuo riconoscimento. «Perché non c’era niente di più alto della tua squadra, della tua porta, della tua vita tra il ferro e il pallone».
Quando, la sera del 19 settembre 1973, un sinistro di Gilbert Dussier fa schizzare la palla nella porta del Liverpool, non c’è solo esultanza calcistica nel boato sprigionatosi nel piccolo stadio di Esch-surAlzette. Perché la Jeunesse non è una squadra qualunque, e per gli undici giocatori in campo Fu sorprendente la vittoria vedere il cambiamento, non conta la vecchia fabbrica trasformata in un set cinematografico. quanto trovarsi E il giorno su in cui quel un tipo della prato troupe si a acciò in un’azienda vicina per verde, raccomandare un’ora al d’aria capo mastro fuori di non fare dalla troppo rumore con le macchine perché Al vita in Pacino fabbrica. non riusciva a concentrarsi, Se la costui proprietà gli rispose allegramente: «Stia pure tranquillo e è dei dica al ricchi signor Al Pacino industriali di andare a cagare». dell’Arbed, Doveva essere un operaio della Hoehl; perché nell’inferno l’acciaieria della Hoehl sono sempre che stati sorge «un po’ sopra le righe». nel piccolo centro nel cuore del Lussemburgo, i protagonisti della squadra sono loro, gli operai in licenza temporanea dal turno in miniera. Emigranti soprattutto, per lo più italiani, che da sgraditi «mangia spaghetti» si ritroveranno a giocare il proprio riscatto € 13,00 sociale a colpi di gol.
Scudetto, Coppa delle Fiere, poi la Coppa dei Campioni: nata come alternativa «popolare» alla squadra cittadina della Fola, la Jeunesse riuscirà a entrare nell’Olimpo del calcio mondiale, collezionando anche qualche momento memorabile e guadagnandosi l’appellativo di «Juventus del Lussemburgo», favorito dalla maglietta bianconera. Come a ricomporre un album ideale riappaiono i profili di Mario Morocutti, Guy Allamano, Jean-Pierre Barboni e degli altri eroi della Hoehl, il quartiere proletario annerito dalla «minette», legato da un orgoglio ostinato alla fabbrica quanto alla squadra. Stretto tra le case, le miniere, i comignoli di ben quarantanove altiforni nel raggio di venticinque chilometri, lo Stade de la Frontière è «terra franca» dove un manipolo di calciatori dilettanti può rincorrere i propri sogni accanto ai professionisti.
Un’epopea lunga un secolo che s’intreccia ai grandi avvenimenti del Novecento, dentro e fuori dallo stadio: le lotte operaie, l’occupazione nazista, la tragica partita dell’Heysel, il Real Madrid di Alfredo Di Stefano, il Milan di Trapattoni e la Juventus di Platini. Ma illumina anche le molte storie «minori» di emigranti di Esch-sur-Alzette, il piccolo paese in cui un abitante su tre è italiano, e uno su due vive nel quartiere della Hoehl. Affiorano così la banda della Garibaldina, il Caffè Conti, il gruppo degli anarchici, le vite dei parenti rimasti a casa e quelle tortuose dei cittadini della «Nazione delle miniere» – l’area del bacino minerario tra Lussemburgo, Belgio, Germania e Francia – scavata da gallerie che collegano i Paesi, «e nel sottosuolo non ci sono frontiere». Sino ai millecinquecento italiani di oggi, tenace gruppo di resistenti tra gli stranieri in Lussemburgo, in cui ormai i portoghesi si sono sostituiti alla vecchia maggioranza partita dallo Stivale.