Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’ULTIMO CALCIO ALLA DIGNITÀ
La città tradita da un club sleale
La notizia è di quelle pesanti: il procuratore federale della Figc, a seguito di una segnalazione della Covisoc, ha deferito al Tribunale federale il Bari per irregolarità amministrative. La tegola era nell’aria, anche se la società, data 7 aprile, si era affrettata a smentire con faccia tosta le indiscrezioni giornalistiche, con un comunicato in cui sosteneva di aver «pagato gli stipendi di gennaio e febbraio secondo la normativa prevista», senza però accennare ai buchi nel pagamento di Irpef e contributi previdenziali. Problematiche bancarie, si disse, aggiungendo informalmente un po’ di qualifiche non gratificanti all’indirizzo di giornalisti, colpevoli di mettere in giro falsità.
Il Bari è davvero messo male, perché la slealtà non dovrebbe esistere nello sport. Non dovrebbe. Ma il Bari, sottolineato con amarezza, ormai è una patologia. Altro che calcio alto, con prospettive, addirittura con l’ambizione di costruire un nuovo stadio. Con quali soldi? Se, come sembra, i debiti sono disseminati qua e là. Qui si naviga a vista con una gestione da avventurieri. Qualcuno sosterrà che in Italia anche l’impresa pallonara naufraga, tra bilanci in rosso, fallimenti e arrivo di cinesi. E che il Bari, diamine, non è l’unico club ad andare in sofferenza economica. Ma le cose non stanno così: il Bari fa collezione di “errori”, ha una gestione strana (definizione generosa), mette in fuga anche il responsabile della comunicazione.
La promozione? La serie A? I miracoli non esistono neppure nel calcio. Bari è una città che merita una squadra all’altezza della sua lunga tradizione. Non è un paesino di periferia, dove può accadere di tutto. I Matarrese, per tanti anni padri-padroni del Bari, a questo punto, dovrebbero ricevere scuse pubbliche per le contestazioni. E il povero “don Vincenzo” meriterebbe un monumento all’ingresso del San Nicola, se poco poco si facessero paragoni con onestà. Il calcio, esagerazioni a parte, aiuta la crescita di una città, compatta i cittadini a volte più della sgangherata politica. È un aspetto da non sottovalutare pure da parte degli amministratori della cosa pubblica. Il Bari, nato il 15 gennaio 1908 da una multinazionale (un commerciante tedesco di biancheria, uno svizzero che si occupava di cereali, un grossista marchigiano, due francesi, due svizzeri, uno spagnolo, un inglese e quattro baresi), non può continuare a essere un aborto di società. Per favore.