Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Uccise il piccolo Zidane, al boss di Altamura 30 anni
Emessa la sentenza per la morte del giovane calciatore Domenico Martimucci: 30 anni per il boss Mario D’Ambrosio
LLa Corte di Assise ha condannato alle pene di 30 anni e di 18 anni di reclusione i due imputati nel processo sulla morte del calciatore 27enne Domenico Martimucci, deceduto per le ferite causate dall’esplosione provocata da un ordigno rudimentale piazzato il 5 marzo 2015 in una sala giochi di Altamura.
A distanza di tre anni dalla morte di Domenico Martimucci, il calciatore 27enne ucciso dall’esplosione di una bomba piazzata davanti ad una sala giochi di Altamura, la corte di Assise di Bari ha condannato alle pene di 30 e 18 anni i due imputati nel processo. In particolare al boss Mario D’Ambrosio (fratello del capoclan Bartolo ammazzato nel 2010) ritenuto il mandante dell’attentato, è stata inflitta la pena più alta. La pubblica accusa aveva chiesto la condanna all’ergastolo. D’Ambrosio è attualmente in carcere. L’altro imputato, il 24enne incensurato Luciano Forte, è stato condannato alla pena più bassa. Secondo i pm inquirenti, Renato Nitti e Giuseppe Gatti, il giovane (attualmente agli arresti domiciliari) accompagnò il sicario sul luogo della strage.
I giudici dell’Assise hanno riqualificato le contestazioni di strage, omicidio volontario e otto tentati omicidi in omicidio preteritenzionale aggravato, lesioni personali aggravate nei confronti delle sette persone rimaste ferite nell’esplosione della sala giochi avvenuta la sera del 5 marzo 2015. Contestata anche l’aggravante mafiosa. Nel processo si sono costituite parti civili le due sorelle e i genitori del calciatore assassinato (era soprannominato il «piccolo Zidane» per le sue particolari doti calcistiche e morì dopo cinque mesi di coma), i sette giovani feriti dalla violenta esplosione e poi ancora la Regione Puglia e il Comune di Altamura. Secondo la ricostruzione fatta dai magistrati inquirenti, D’Ambrosio ordinò di piazzare un ordigno rudimentale con ottocento grammi di tritolo «per lanciare un segnale di forza, per reagire al tentativo di altri clan di appropriarsi del business del gioco d’azzardo».
La corte ha riconosciuto il risarcimento danni che sarà quantificato in sede civile con provvisionali immediatamente esecutive fra i 20 e 30 mila euro per ciascuna parte civile.
L’uomo che materialmente posizionò la bomba davanti alla sala giochi, il 28enne Savino Berardi, è stato condannato alla pena di 20 anni di reclusione in un processo celebrato con il rito abbreviato e che si è concluso a giugno del 2016. Nei suoi confronti pende il processo in Cassazione.
In aula, ieri mattina, durante la lettura del dispositivo della sentenza c’era anche il presidente della Regione, Michele Emiliano: «Ho detto ai familiari che oggi (ieri, ndr) è stata fatta giustizia di un evento gravissimo con una pena molto rilevante che la Corte di Assise ha ritenuto di applicare in un caso che noi consideriamo drammatico per la nostra comunità. Questo non toglie e non attutisce in nulla il dolore per la morte di Domi. Le sentenze non hanno valore compensativo. Non diminuiscono il dolore e non fanno alcun tipo di parti- colare soddisfazione, non sono una vendetta della comunità, - ha aggiunto il governatore - sono semplicemente l’applicazione della sanzione prevista dalla legge di fronte ad un comportamento delittuoso. Mi è parso giusto essere presente - ha concluso Emi- liano - perché la costituzione di parte civile della Regione non è stato un fatto formale, era un atto intenzionale di vicinanza alla famiglia, alle forze dell'ordine e alla magistratura».