Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ilva, in fabbrica è tensione Sciopero a Taranto il 26
La vertenza La decisione dopo le assemblee dei lavoratori
La preoccupazione dei lavoratori è elevata. Un’ansia generata dallo stallo della trattativa per l’acquisizione di Ilva da parte di ArcelorMittal. Ma dagli operai, riuniti ieri in lunghe e incandescenti assemblee di fabbrica, è arrivato una sorta di ultimatum: o il nuovo governo s’impegna a risolvere la questione del Siderurgico o, giorno 26 maggio, si scende in piazza a Taranto. Sarebbe l’inizio di una lunga campagna di mobilitazione annunciata dai sindacati. Il governatore Emiliano, intanto, chiede di incontrare Di Maio e Salvini sulla questione.
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«La preoccupazione dei lavoratori, come facilmente preventivabile, è elevata. Chiudere lo stabilimento? Ipotesi irrealizzabile. A Taranto e provincia ci sono già 110 mila disoccupati». Così Valerio D’Alò, segretario generale della Fim Cisl di Taranto, al termine di una delle prime assemblee convocate dopo il blocco delle trattative Ilva. I sindacati e ArcelorMittal non hanno trovato un’intesa sul siderurgico di Taranto. Troppo il sacrificio occupazionale chiesto al territorio (non sarebbero ricollocati 4 mila dipendenti su 14 mila). «Andremo avanti con gli incontri — prosegue D’Alò — fino al 24 maggio. Se nel frattempo non sarà riconvocato il tavolo o non dovessero emergere novità di rilievo siamo pronti a tenere una grande manifestazione di protesta a Taranto per il 26 maggio».
Nell’analisi del quadro della vertenza le scadenze sono fondamentali. Nel contratto di cessione firmato dall’amministrazione straordinaria dell’Ilva e ArcelorMittal si parla di limite all’acquisto entro fine giugno. Il paradosso è che la multinazionale dell’acciaio potrebbe prendere possesso degli impianti, sempre secondo contratto, dal 1 luglio prossimo. Anche in assenza di intesa con le rappresentanze sindacali. «È una possibilità tutta teorica — conclude il numero uno della Cisl di Taranto — e credo che ArcelorMittal non dovrebbe forzare la mano. Spero, invece, che si possa riattivare il tavolo negoziale». Sempre a luglio termineranno le risorse di cassa dell’amministrazione straordinaria di Ilva: niente più soldi per pagare gli stipendi. In più c’è da affrontare il nodo delle prescrizioni ambientali: senza gli investimenti previsti nel piano allegato al contratto d’acquisto di Ilva non sarà più possibile procedere con la produzione. L’impressione è che il tempo stringe in maniera irreversibile (d’altronde lo Stato ha dovuto pagare 900 milioni per far sopravvivere il siderurgico al post Riva).
Così ministero dello Sviluppo Economico ha fato sapere che «auspica che le parti possano incontrarsi al più presto per individuare una base comune da ripresentare al tavolo del Ministero». «L’accordo sindacale su Ilva — prosegue la nota — viene negoziato e firmato da azienda e parti sociali. Dopo 6 mesi di negoziato e più di 32 incontri effettuati il governo è intervenuto con una proposta di mediazione tra le parti vista la difficile situazione di cassa di Ilva che si esaurirà nel mese di luglio». «La trattativa va ripresa — ha commentato Rocco Palombella, segretario generale della UIlm Uil —, ma non da dove l’abbiamo lasciata. Bisogna ripartire da basi diverse, dire di no ai 4 mila esuberi, no alla riduzione salariale. Se tutti abbiamo a cuore la salvaguardia dell’occupazione e dei problemi ambientali dobbiamo spingere per una ripresa del confronto su queste basi». Nella discussione si inserisce il governatore Michele Emiliano che, dopo aver litigato nuovamente con il ministro Carlo Calenda, chiede a Luigi Di Maio e Matteo Salvini (non hanno dato vita ancora a un governo) «di essere ascoltato». Facendo sapere che «in caso di proclamazione dello sciopero la Regione Puglia sarà al fianco dei lavoratori». Non aspettano più i lavoratori della ditta Lacaita dell’indotto Ilva: hanno scioperato per denunciare il sistematico ritardo nel pagamento delle retribuzioni. «Sono mesi ormai — sottolineano i sindacati — che i lavoratori non percepiscono più gli stipendi con puntualità ogni fine mese».
D’Alò (Fim) Il tempo stringe Ripartiamo con il confronto: si trovi una soluzione
Palombella (Uilm) Non sono accettabili 4 mila esuberi Nessuno rimanga fuori