Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Lavoro, l’allarme Cgil «Metà delle imprese costretta a innovare»
Economia Lo studio su aziende e competitività
Un allarme moderato, ma pur sempre un allarme. A lanciarlo è la Cgil di Puglia, che attraverso una sua rilevazione sul mondo delle aziende e del lavoro ha tracciato l’attuale profilo di competitività delle imprese pugliesi. «Un’inversione di tendenza c’è - spiega il segretario regionale Pino Gesmundo - ma resta solo un aspetto congiunturale. Solo un quarto del totale delle aziende ha agganciato la ripresa e valorizza la filiera dell’export. La metà, invece, viene alimentata dal mercato interno ed è costretta al più presto a scommettere sull’innovazione del prodotto». Anche le assunzioni a tempo indeterminato sono dovute agli incentivi statali.
«Le recenti rilevazioni sull’economia pugliese indicano un’inversione di tendenza, ma è solo un aspetto congiunturale. Purtroppo, è ancora limitato, ovvero un quarto del totale, il numero delle imprese che ha agganciato la ripresa e valorizza la filiera dell’export. La metà, invece, viene alimentata dal mercato interno ed è costretta al più presto a scommettere sull’innovazione del prodotto e sulla ricerca di nuove formule commerciali». La fotografia di un 2018 che per la Puglia si apre con tante speranze è di Giuseppe Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, che commenta gli esiti di uno studio interno sulla competitività del sistema produttivo regionale. Dal numero delle imprese a quello degli occupati; dal confronto con le altre regioni dell’Ue ai livelli di cassa integrazione si parla di una Puglia stretta tra difesa dell’esistente e speranza di rilancio. «Abbiamo un numero limitato di aziende competitive — chiarisce Gesmundo — che riesce a stare sul mercato internazionale e che ha assimilato i concetti di industria 4.0 e tecnologia della filiera. Sono realtà, dalla meccatronica all’aerospazio, che entrano nella catena del valore. Tuttavia, per una vera inversione di tendenza la Puglia deve avviare una rivoluzione delle aziende che vivono con il mercato interno. Qui bisognerà attivare la leva degli investimenti con una regia statale che passi anche per l’avvio di un’agenzia statale per lo sviluppo. Quest’ultima, come proposto dalla Cgil, dovrebbe raggruppare tutte quelle risorse che non vengono spese sul modello dell’ex Iri. Magari, per il funzionamento, sganciata dalle influenze della politica».
Che la situazione dell’economia locale sia ancora in affanno lo si deduce dall’andamento delle nuove assunzioni stabili. «Basti pensare — prosegue il sindacalista — che la gran parte delle trasformazioni contrattuali da tempo determinato a tempo indeterminato è legata agli incentivi statali per le nuove assunzioni. Finito quello il quadro peggiora». Infatti, nel periodo gennaio-agosto 2017 i contratti a tempo indeterminato sono stati 18.063 (su un totale di 82.651 avvenute in tutto il Mezzogiorno). Di queste 4.598 sono trasformazioni da tempo determinato; 1.137 sono da apprendistato professionalizzante e 12.328 sono nuove assunzioni trainate dall’incentivo occupazione Sud. D’altronde la composizione dimensionale delle imprese di Puglia sconta la parcellizzazione e i volumi contenuti. La Cgil indica che l’88,7% delle aziende ricade nella classe 1-9 addetti, mentre il 10,3% in quella 10-49 addetti. Solo lo 0,9% delle imprese totali occupa tra i 50 e i 240 addetti e lo 0,1% va oltre le 250 unità. Il confronto tra gli anni 2008-15 mostra un arretramento in tutti i campi. Il numero di imprese scende del 14,2% (da
La proposta L’idea è di avviare un’agenzia statale per lo sviluppo sul modello ex Iri
Gesmundo Si fatica a creare lavoro stabile Manca la prospettiva
I volumi
L’88,7% delle aziende ricade nella classe 1-9 addetti. Solo lo 0,1 % oltre le 250 unità
285.900 del 2008 a 245.400 del 2015), i fatturato dell’8,7% (da 95,5 a 87,2 miliardi), gli investimenti del 46,2% (da 4,8 a 2,8 miliardi) e gli occupati dell’8,9% (da 818.200 a 745.000). «Il tema delle risorse — conclude Gesmundo — torna sempre al centro del dibattito. Manca la programmazione e il caos scoppiato su tematiche importanti per la Puglia, come l’Ilva, il gasdotto Tap e la xylella, dimostrano l’assenza di concertazione tra istituzioni. Tra l’altro c’è un altro tema da non sottovalutare: senza la crescita del mercato interno anche gli sforzi tecnologici delle imprese locali rischiano di non creare gli effetti sperati. In sintesi se producono di più (e meglio) rischiano di accatastare la merce nei magazzini».