Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Pizzini della Scu contro i magistrati Dodici arresti
Partite truccate, controllata dai clan pure la squadra del Galatina
Affiliazioni in carcere, pizzini e propositi di vendetta nei confronti dei pm antimafia di Lecce. Dodici affiliati alla Scu brindisina sono stati arrestati ieri dalla polizia. La frangia criminale era attiva nei territori di Brindisi, Tuturano e Mesagne.
Nuove affiliazioni, ordini dal carcere, progetti di fuga e propositi di vendetta contro i pm antimafia di Lecce. Sono alcuni dei retroscena emersi dall’inchiesta della Dda di Lecce che ha portato ieri all’arresto di 12 persone, tra affiliati e fiancheggiatori della Scu nei territori di Brindisi, Tuturano e Mesagne. Tre provvedimenti cautelari sono stati notificati a persone che erano già detenute. Le indagini della squadra mobile hanno accertato che «autorevoli referenti» davano disposizioni dal carcere attraverso «pizzini». Due tra loro gestivano le relazioni con gli altri detenuti e, in alcuni casi, attribuivano loro l’investitura mafiosa e sancivano le affiliazioni dietro le sbarre.
Le indagini sono state svolte tra luglio e dicembre 2017 nel carcere di Terni dove sono detenuti noti esponenti della Scu brindisina: Antonio Campana (una delle persone alle quali è stata notificata l’ordinanza) riusciva a comunicare con l’esterno grazie ad un telefonino fatto entrare in carcere. In questo modo avrebbe impartito gli ordini, richiesto il denaro per il sostentamento dei detenuti a chi si trovava all’esterno. Avrebbe infine manifestato le sue intenzioni di vendetta nei confronti del magistrato che aveva coordinato l’inchiesta che lo aveva portato in cella. Secondo gli inquirenti, Campana è il boss dell’associazione mafiosa sgominata ieri ed è il fratello di Francesco, considerato uno dei vertici della Scu. Nello stesso carcere è detenuto anche Raffaele Martena (destinatario della misura cautelare) che nell’organigramma del clan è considerato un gradino al di sotto del capo. Dalle intercettazioni registrate è emersa l’intenzione degli indagati di ricostituire il gruppo criminale autonomo: il progetto di controllo del territorio prevedeva metodi intimidatori e un patto di non belligeranza con altri clan senza però escludere l’uso della violenza nei confronti di chi non rispettava le regole. Oltre ad estorsioni e spaccio di stupefacenti, il gruppo aveva messo le mani sui guadagni nel settore della pesce e nella gestione dei parcheggi. Oltre ad avere scoperto un progetto di fuga di uno dei detenuti, la polizia ha intercettato l’uso della «sfoglie» (i pizzini) tra le persone finite sotto inchiesta. Le richieste di custodia cautelare sono state richieste dal pm Alberto Santacatterina e firmate dal gip Carlo Cazzella.
Sempre ieri mattina la squadra mobile di Lecce ha notificato due provvedimenti cautelari nei confronti di Luciano Coluccia, 69enne di Roha di Galatina e del figlio Pasquale di 28, entrambi incensurati. Sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso: Coluccia, era l’unico dei 5 fratelli che hanno dato il nome ad uno dei gruppo più pericolosi della Scu, ad essere rimasto an- cora incensurato. Padre e figlio avrebbero fatto parte del clan e, oltre a gestire gli affari illegali, avrebbero anche controllato la squadra di calcio locale militante nel campionato regionale pugliese di calcio l’ «A.s.d.Pro Italia Galatina». Tra i reati contestati anche quello di aver alterato nella stagione 2015/2016 il risultato di alcune partite del campionato al fine di favorire la squadra locale e ottenere la promozione. «Noha uguale a Casal di Principe». Il paragone della piccola frazione di Galatina con la roccaforte dei casalesi è avvenuta durante una conversazione tra Pasquale Coluccia e uno dei calciatori della squadra del Galatina che, ritiene l’accusa, era gestita dal clan.
Detenuti Accertamenti svolti nel carcere di Terni dove sono detenuti esponenti della Scu