Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Deandri accusa «Zero sicurezza nell’indotto»

Dal 2005 venti vittime in fabbrica. Deandri: manca la formazione

- di Cesare Bechis

Venti infortuni mortali dal 2005 ad oggi, un calo leggero dal 2012, ma i drammi sul lavoro all’Ilva non finiscono mai. «Una questione - dice Emidio Deandri, presidente dell’Anmil di Taranto - che riguarda in particolar modo le ditte dell’appalto, trascurate nei pagamenti e quindi non pronte o non in grado di fare formazione sul tema della sicurezza».

Gli infortuni mortali nello stabilimen­to siderurgic­o dell’Ilva a Taranto sono diminuiti. Ma non si può continuare a morire per lavoro. Nel periodo 2005-2012 gli incidenti furono complessiv­amente 52, di questi 12 mortali. Poi un rallentame­nto, otto in sei anni. Gli ultimi due sono costati la vita ad Alessandro Morricella (2015) e a Giacomo Campo (2016). Ieri, quello che è costato la vita ad Angelo Fuggiano. Ne parliamo con Emidio Deandri, presidente dell’Associazio­ne nazionale mutilati e invalidi del lavoro di Taranto.

Presidente, l’Anmil chiede l’intervento del presidente della Repubblica.

«E’ necessario sempre di più fare rispettare le regole sui luoghi di lavoro». Oggi non vengono rispettate? Chi deve farlo?

«Tutti, i lavoratori, le istituzion­i e chi è preposto ai controlli». La situazione s’è aggravata?

«I dati nell’ultimo anno sono in crescita. Le morti bianche sono aumentate dell’11.6 per cento in tutta Italia nel primo trimestre di quest’anno. Per questo motivo noi chiediamo, da un lato, più controlli e, dall’altro, di creare una coscienza della sicurezza». In che modo si può fare?

«Bisogna cominciare dalle scuole a fare formazione sulla sicurezza. L’Anmil va negli istituti scolastici a raccontare ciò che facciamo e quanto succede nelle fabbriche attraverso le nostre testimonia­nze. Inoltre non sarebbe sbagliato introdurre incentivi per le aziende più virtuose. Si potrebbe pensare a qualche riduzione fiscale per quelle nelle quali si verificano meno infortuni, altrimenti dobbiamo arrenderci all’idea che la sicurezza sia diventata un optional».

L’Anmil chiede che lo Stato sia amico di questa terra. Che vuol dire?

«Oggi i lavoratori dell’Ilva si trovano in mezzo a tre fuochi. I sindacati, che difendono l’occupazion­e; le istituzion­i, che cercano di chiudere la vendita, Arcelor Mittal, che vuole imporre i vincoli del contratto. Tutto ciò crea preoccupaz­ione nei lavoratori. Ne risente l’attività lavorativa. Inoltre vorremmo una giustizia più veloce. I processi per le morti bianche devono avere la priorità, una corsia preferenzi­ale».

Secondo lei esiste uno standard di sicurezza accettabil­e nello stabilimen­to di Taranto?

«Devo ammettere un’amara verità. Secondo me ci sono due pesi e due misure imposti dalle circostanz­e. I lavoratori diretti sono più salvaguard­ati, sono sottoposti a maggiore e più frequente formazione sulla sicurezza, quelli dell’appalto non so. Il povero Angelo Fuggiano era un lavoratore indiretto e molte aziende dell’appalto aspettano pagamenti arretrati, circostanz­a che crea una serie di difficoltà, tra cui quella di formare i lavoratori».

I sindacati spesso denunciano la scarsa manutenzio­ne degli impianti. E’ vero?

«Credo che la manutenzio­ne sia scarsa, ma devo dire che la situazione cambia da reparto a reparto». Che farà l’Anmil per Angelo Fuggiano?

«Due cose, fornirà assistenza legale a costo zero per la famiglia, e poi si costituirà parte civile nell’eventuale processo».

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Emidio Deandri, presidente dell’Anmil di Taranto

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