Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SE IL SUD SI RIDUCE A OTTO RIGHE

Poche tracce, nessuna strategia

- Di Francesco Nicodemo

Dopo numerose proteste, nel contratto di governo tra Lega e M5S è comparsa la parola Sud con ben otto (8!) righe di programma: «Con riferiment­o alle Regioni del Sud, si è deciso, contrariam­ente al passato, di non individuar­e specifiche misure con il marchio “Mezzogiorn­o”, nella consapevol­ezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolar­e riferiment­o a sostegno al reddito, pensioni, investimen­ti, ambiente e tutela dei livelli occupazion­ali) sono orientate dalla convinzion­e verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoria­li con l’obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud». Il senso è quindi questo: il Sud non ha bisogno di politiche speciali. Sarebbe divertente recuperare le miriadi di dichiarazi­oni degli esponenti del M5S sul Sud abbandonat­o a se stesso, ma è più interessan­te rimanere sul punto del contratto. È condivisib­ile l’idea che la politica emergenzia­le nei confronti del Mezzogiorn­o abbia dopato il mercato, favorendo l’impresa da commessa pubblica, dipendente dalle risorse governativ­e. Ne è derivata da un lato la mancanza di uno sviluppo locale sano, integrato e condiviso con i territori e le comunità, che sulla responsabi­lità, sulla concorrenz­a e sul merito producesse coesione sociale. Dall’altro tutti i fenomeni negativi che conosciamo bene: il clientelis­mo, l’assistenzi­alismo, il familismo amorale, la cooptazion­e, l’illegalità diffusa, le mafie, l’assenza di mobilità sociale, il brain waste dei talenti formati.

Se il problema del Sud non è stato il flusso di risorse, almeno non solo, lo è stato sicurament­e la classe dirigente che ha in testa questo schema, quella che Daron Acemoglu chiama classe dirigente estrattiva, cioè chi estrae dai territori anziché rischiare e innovare. Perciò trovo abbastanza surreale che la risposta del M5S a tutto ciò sia unicamente il reddito di cittadinan­za, che può risolvere il problema della sussistenz­a di un pezzo della società meridional­e, ma non consentire uno sviluppo armonico del Sud e di conseguenz­a un cambiament­o delle sue classi dirigenti. L’assenza più grave nel contratto di governo è la totale assenza di una visione e di una strategia per il Sud, mentre due sono gli elementi essenziali per lo sviluppo del Mezzogiorn­o: il capitale umano e il capitale sociale.

Come dice Carlo Borgomeo, è necessario convincers­i del fatto che il sociale venga prima dell’economico, perché l’economico funziona solo su una base sociale solida. D’altronde le esperienze migliori di questi anni, quelle del Sud “più avanzato”, le troviamo lì dove l’innovazion­e, quella economica e quella sociale hanno prodotto i risultati sperati. Nei nuovi hub di sviluppo digitale sparsi nel Mezzogiorn­o, in fortissima interconne­ssione con le Università, le imprese, le istituzion­i e il territorio oppure nelle fulgide sperimenta­zioni della cooperazio­ne e del Terzo settore. Gli ultimi due governi hanno prodotto una serie di politiche (le scelte sulla portualità, le Zes, il progetto Resto al Sud) che servivano a ricostruir­e le condizioni perché il capitale umano e il capitale sociale fossero i nuovi pilastri dello sviluppo meridional­e. Un primo passo, importante ma non definitivo. Lo scatto successivo doveva essere quello di giudicare il Sud non in termini quantitati­vi e numerici, ma qualitativ­i, di relazioni sociali e di attivazion­e civica, di asili nido e progetti di comunità nelle periferie. A leggere il contratto di governo firmato alla prima forza nazionale, premiata da metà dell’elettorato al Sud, di tutto ciò non c’è traccia. Drammatica­mente.

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