Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Melucci e le tensioni Ilva «Non riconosco la città che mi dà dell’assassino»
L’INTERVISTA IL SINDACO DI TARANTO La stoccata al governatore: «Non aiuta, accende polveri esplosive» E il ritorno sulla morte dell’operaio: «Noi non chiudiamo gli occhi»
«Non è la mia città quella che mi insegue e mi dà dell’assassino. Si tratta di una piccola frangia antidemocratica che non è la Taranto nella quale mi riconosco». Così parla Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto, il giorno dopo l’aggressione verbale degli ambientalisti seguita alla morte dell’operaio dell’appalto Ilva, Angelo Fuggiano, ucciso da una fune.
Chi l’ha contestato È una piccola frangia antidemocratica, abituata a non discutere Da quel momento ricevo continue attestazioni di solidarietà
Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, non ci sta a subire in silenzio. Replica con giudizi sferzanti a coloro che gli danno dell’assassino dopo l’ultimo mortale incidente sul lavoro nell’Ilva.
Come si sente ad essere chiamato assassino da un pezzo della sua comunità?
«Non sarà questo a minare la mia motivazione. Voglio sottolineare due questioni al riguardo. La prima è che non era la mia città a gridare “assassino”, ma un piccolo gruppo di ambientalisti estremisti, alla presenza del consigliere comunale Vincenzo Fornaro che assisteva alla scena inspiegabilmente sorridente. Vogliono chiudere l’Ilva e sono indisponibili a qualsiasi confronto».
La seconda questione?
«Io sono il sindaco di un Comune che si trova in una regione nella quale le istituzioni non giocano tutte alla stessa maniera». A chi o cosa allude?
«Il presidente della Regione non ci aiuta. Accende polveri esplosive, contribuendo ad esacerbare un clima già molto esacerbato. Io preferisco parlare meno in televisione, restare sobrio ma poi uscire dal portone principale come giovedì scorso. Anche a costo di incontrare un gruppo chiassoso di manifestanti».
È pur sempre una parte della città. Non crede?
«È una piccola frangia antidemocratica, abituata a non discutere. Da quel momento non faccio altro che ricevere attestazioni di solidarietà da tutte le forze politiche, anche dai miei avversari. Noi rappresentanti delle istituzioni non dobbiamo legittimare la condotta di questi estremisti. I quali parlano, gridano e chiedono di chiudere la fabbrica, senza leggere e studiare documenti».
Un parente dell’operaio morto, davanti ai cancelli, ha urlato che a Taranto «i politici non ci sono». Questa frase pare la denuncia di un’assenza più che una contestazione.
«Nei momenti di dolore, legittimamente, è comprensibile lasciarsi andare alle espressioni più disparate. Magari senza avere la forza di distinguere. Da quello che risulta, il ragazzo morto giovedì, assieme all’azienda di cui era dipendente, si occupava di tante cose e in posti diversi: non lavorava solo per Ilva o solo nell’Ilva. Se così fosse è chiaro che le trattative sul Siderurgico, in questo tragico caso, c’entrano poco o nulla. Se la famiglia teme di essere abbandonata, sappia che faremo tutto il possibile perché non sia lasciata sola e riceva il nostro sostegno. Detto questo, nessuno può attribuire l’incidente alla politica “che non fa niente”. Su questo fronte noi siamo attivi».
In che modo?
«Lo dico subito. Si correranno sempre rischi fino a quando lo stabilimento non sarà messo in sicurezza. L’Ilva ha urgente bisogno di manutenzione. E la chiusura rapida del negoziato sulla vendita, che io ho invocato in queste settimane, serve pure a questo. Chi traccheggia e si oppone alla chiusura della trattativa, politico o sindacalista che sia, deve avere il coraggio di dire questo alla sua gente».
Ha incontrato la famiglia della vittima?
«Abbiamo espresso alla fa- miglia tutto il nostro dolore per quello che è successo. In quanto non espressamente invitato, mi guardo bene dall’entrare nell’intimo della loro vita. Avranno la nostra vicinanza concreta e il nostro sostegno. Ma in questo momento respingo l’idea di fare vetrina strumentalizzando l’abbraccio a persone che stanno soffrendo».
Il destino dell’Ilva pare ancora molto oscuro. Nel contratto di governo tra Lega e 5 Stelle non si fa piena luce sul futuro della fabbrica.
«Io sono molto preoccupato per questo. Ed è il motivo per il quale spingevo perché si chiudesse la trattativa in tempi rapidi. Quello che si legge nel programma di governo della Lega e dei 5 Stelle è una favoletta. Un bel racconto fatto di sole, alberi e natura incontaminata. La verità è che non c’è una sola parola sui fondi per avviare l’evocata riconversione economica e non si sono risorse per gli indispensabili ammortizzatori sociali che dovrebbero sostenere un eventuale progetto di riconversione. Occorre altro». Cosa occorre? «Un’assunzione vera di responsabilità per scelte operative e concrete, senza le quali si alimenta la tensione sul territorio. Penso che il futuro governo debba iscrivere all’ordine del giorno della sua agenda, in maniera decisa e responsabile, l’intera vicenda Ilva. Poi è indispensabile che metta a disposizione tutti gli strumenti necessari per risolvere quella che è diventata una questione epocale. Diversamente andremmo incontro ad una nuova Bagnoli. Lo ricordo a tutti: a distanza di 20 anni dall’avvio della sua dismissione, il complesso siderurgico napoletano è rimasto esattamente com’era».
Il destino dell’acciaieria Io sono preoccupato da quanto scritto nel contratto di governo Quello che hanno prodotto Lega e M5S sembra una favoletta
La famiglia di Angelo Se teme di essere abbandonata, sappia che faremo tutto il possibile perché non sia lasciata sola e riceva sostegno da parte del Comune