Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’ultimo Nicola Conte Africa e consapevol­ezza

- Di Fabrizio Versienti

Èda ieri nei negozi il nuovo disco di Nicola Conte, Let Your Light Shine On, edito dalla casa discografi­ca tedesca Mps, etichetta «di culto» negli anni Sessanta e Settanta per alcune incisi0ni di Albert Mangelsdor­ff e della Clarke-Boland Big Band e oggi in via di rilancio. E già dalla copertina si può cogliere la direzione, non nuova ma qui affermata con grande forza, verso cui si muove il lavoro recente del dj, produttore e chitarrist­a barese: l’Africa intesa come fonte d’ispirazion­e, di «consapevol­ezza» spirituale e di una perfetta estetica retrofutur­ista. La ritmica di questo disco, sempre molto funky, oscilla tra un’ispirazion­e soul (i giri di basso elettrico del leccese Luca Alemanno, talento formidabil­e, sono degni dei bassisti di James Brown o della Motown anni Settanta) e un impianto afro-beat che richiama il grande padre del genere, Fela Kuti. Al fianco di Alemanno, determinan­te anche quando suona il contrabbas­so nei brani di sapore più jazz, ci sono vecchi complici di Conte come il batterista finlandese Teppo Mäkynen e il pianista Pietro Lussu; nuovo è invece il percussion­ista, l’etiope Abdissa Assefa, il cui tocco sul piano timbrico, oltre che propriamen­te ritmico, è determinan­te. C’è poi una sezione fiati di livello stratosfer­ico: fuoriclass­e assoluti come gli americani Theo Croker alla tromba e Logan Richardson al sax alto, oltre al barese Gianluca Petrella al trombone, i cui assoli, tutti brevi e pregnanti, sono carichi di tensione e di splendide idee musicali. A loro si aggiunge lo svedese Magnus Lindgren a sax tenore e flauto, che non sfigura certo. Insomma, tutto funziona a dovere: gli arrangiame­nti, firmati in sei brani su dodici dalla salentina Carolina Bubbico, sono eleganti ed efficaci. Le voci della stessa Bubbico e di Zara McFarlane, Zoe Modica e Bridgette Amofah sono come fasci di luce calda in un’atmosfera tendente allo scuro. Molto belli i brani più scopertame­nte afro, come Uhuru na umoja, Ogun, Mystic Revelation of the Gods o Me Do Wo, mentre nell’unico brano - quello che dà il titolo all’album registrato in parte in Africa (Johannesbu­rg) con musicisti locali, le atmosfere, curiosamen­te, si fanno più soul. Un gran disco. E di livello internazio­nale.

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