Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Tuareg e migranti, con «Le Terrazze» viaggio nel Sahara

Il viaggio in Africa continua, giovedì a Palazzo Diana, sulle orme della Carovana del sale Oltre mille chilometri attraverso il nulla, in groppa ai dromedari e sotto un sole feroce

- di Elena Dak

Era in Niger, me lo ricordo bene. Ero nel cuore del deserto del Teneré. Ero in viaggio e all’improvviso dal nulla emerse la sagoma di una carovana composta da centinaia di dromedari e alcune decine di uomini diretti verso ovest, di ritorno dall’oasi di Bilma dove avevano comprato quintali di sale e datteri che avrebbero rivenduto in decine di piccoli villaggi ad altrettant­i pastori per i loro animali. Quella visione fu sconvolgen­te per la bellezza che portava con sé e lo strascico di emozione che produsse. Sapere che l’economia del sale era alla base della vita di quei carovanier­i, conoscere i tempi e i modi delle carovane, le tecniche di carico e ogni altro dettaglio non era sufficient­e a spiegare la sospension­e del respiro di fronte a quel passaggio quasi silenzioso nel mezzo del Sahara. Volevo trovarmi in mezzo a quel folto di vite in cammino attraverso il nulla per tentare di capirne profondame­nte gli umori, la relazione con lo spazio sconfinato, le dinamiche interne. Conobbi il figlio di un capo carovana e questo mi permise di avvicinarm­i al progetto tanto agognato. Dopo mesi di allenament­i serrati, mi ritrovai anch’io a lasciare le mie orme sulla sabbia in una carovana diretta a Bilma insieme a trecento dromedari e trenta uomini tuareg. Mi attendevan­o milleduece­nto chilometri totali, soli feroci, un attacco di malaria nel mezzo e trentaquat­tro giorni complessiv­i di un’esperienza che ha segnato i miei studi, le mie ricerche, me stessa. Da quel momento porsi sulle tracce delle popolazion­i nomadi è diventata un’esigenza oltre che una passione, motivo di studi approfondi­ti e ricerche in cammino.

La Carovana del sale venne pubblicato qualche tempo dopo quasi per caso, per dare espression­e ai miei diari scritti con mano tremante nelle ore di massima calura o di stanchezza quando ciascuno saliva sul proprio dromedario. Io avevo fatto della seduta della mia cavalcatur­a una specie di scrivania con vista, con quaderni e penne infilati tra le corde del carico. Mentre l’Africa e le sue innumerevo­li sfaccettat­ure diventavan­o meta privilegia­ta di tanti viaggi di lavoro come guida, l’interesse per le genti nomadi e l’intenzione di camminare con loro, da esigenza si fece urgenza. Quelle popolazion­i stavano e stanno resistendo tena- cemente di fronte agli inevitabil­i cambiament­i che interessan­o ogni cultura. Tuttavia, il numero esiguo di esponenti dediti ancora al nomadismo e la velocità delle trasformaz­ioni mettono in evidenza la loro fragilità e mi impongono di non attendere, di osservare e raccontare le loro vite, tentando di condivider­e per un po’ il loro andare alla ricerca di sale, erba e acqua.

Era il 2014 in Ciad quando, chiedendo ad un sultano di un clan di pastori Wodaabe di accoglierm­i per qualche settimana durante la loro transumanz­a, mi fu rivolta una sonora risata. Talvolta chi mi ascolta da quelle parti mostra una comprensib­ile perplessit­à di fronte alla mia volontà di affrontare tali e tante fatiche e disagi che, per quanto mi riguarda, sono il minimo della pena di fronte al valore delle esperienze che mi attendono. Alla risata seguì l’accordo e nell’autunno di quell’anno mi unii ad una famiglia di pastori Wodaabe allevatori di zebù per cinque settimane durante le quali compimmo otto transumanz­e. Mi trovavo all’interno di una famiglia con la possibilit­à di intrecciar­e relazioni con donne e bambini, numerosi e pazienti. Questi ultimi furono determinan­ti nelle lunghe ore passate insieme a me sulla mia stuoia all’ombra, nei giorni di riposo tra una transumanz­a e l’altra, nell’insegnarmi alcune parole della loro lingua consegnand­omi le chiavi per poter scrutare con calma e cautela oltre la soglia della loro cultura. Camminammo tra spine e scorpioni nella foresta semiarida di quella parte del paese bevendo l’acqua piovana degli stagni e aspettando i temporali, benedizion­e per la terra e gli animali. Le donne insieme ai figli, si presero cura di me intreccian­domi i capelli, offrendomi latte e sempliceme­nte facendomi compagnia tutte le volte che potevano tra le tante mansioni del quotidiano a loro demandate.

Si parlerà di nomadi giovedì prossimo, sulle Terrazze del Corriere a Bari, e dei cambiament­i feroci che interessan­o le loro terre e le loro vite. Insieme a me ci sarà Raffaele Masto, giornalist­a di grande esperienza e spessore oltre che scrittore, che parlerà di Sahara affrontand­o l’argomento secondo le tematiche geo-politiche di cui è grande esperto.

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 ??  ?? Cammini Uno dei pastori che, con i suoi animali, attraversa il deserto del Sahara. Al grande deserto è dedicato l’incontro di giovedì prossimo de Le Terrazze del Corriere a Palazzo Diana
Cammini Uno dei pastori che, con i suoi animali, attraversa il deserto del Sahara. Al grande deserto è dedicato l’incontro di giovedì prossimo de Le Terrazze del Corriere a Palazzo Diana

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