Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Prossima settimana, una resa annunciata senza quella «LA»
Ultimo comunicato dal fronte. Amici, compatrioti, commilitoni, la vostra, la nostra valorosa battaglia è giunta al termine. Deponiamo le armi. A partire da oggi, dichiaro la resa incondizionata. Abbiamo combattuto con onore, ma il coraggio non basta più. Siamo fiaccati, nel corpo e nell’animo, e non abbiamo più risorse per la rappresaglia. Troppo forti si sono dimostrati i nostri avversari, troppo motivate le loro truppe. Soverchie sono, inesorabilmente, le loro forze. Nella sola giornata odierna ho visto arruolarsi col nemico un insospettabile barista, che credevo dei nostri, quindi un famoso conduttore televisivo, infine il protagonista di un radiocomunicato commerciale. Tutti costoro, senza vergogna, l’hanno scandito a voce alta, e io l’ho distintamente sentito con le mie orecchie: «Settimana prossima» senza articolo determinativo. Il nostro «LA», il sovrano per la cui sopravvivenza eravamo in missione, per conto della dea Grammatica, è ormai sconfitto, disintegrato. E oggi, nel giorno della disfatta, non resta che l’analisi dei nostri errori. Uno, su tutti. Aver sottovalutato il nemico. Anni fa, quando tutto è cominciato, quando i primi oppositori, dal fronte lombardo, cominciarono a pronunciare quell’obbrobrio durante i briefing, i brunch e le apericene, noi li abbiamo irrisi, convinti che fosse solo una piccola stupida moda passeggera, come un finger widget qualsiasi. Avremmo dovuto sopprimerli subito. Non l’abbiamo fatto, e il bubbone «settimana prossima» si è trasformato in una nefasta epidemia che oggi fa egemonia culturale, permea di sé i gangli della società, penetra nella nostra vita quotidiana, spadroneggia incontrastata nel lessico di politici, maestri, tronisti e operai. Siamo sconfitti. Issiamo bandiera bianca e consegniamoci. Urlando al cielo, per l’ultima volta, il nostro motto di battaglia: «LA! LA! LA!».