Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
De Bartolomeo: «L’alt all’acciaio non risolve nulla»
«Chiudere l’Ilva non aiuta a risolvere i problemi di Taranto». È il parere di Domenico De Bartolomeo, leader di Confindustria Puglia.
«Nella vita si può discutere. Anzi: il confronto è sempre utile. Ma partendo da soluzioni realizzabili. L’Ilva è un’impresa e come tale, se rispetta la legge, deve poter andare avanti. Ci sono altri piani come la riconversione e l’eliminazione del carbone? Bene, affrontiamo il tutto con la consapevolezza che ventimila famiglie e centinaia di imprese dipendono dal siderurgico. I tempi sono troppo stretti». È quanto afferma Domenico De Bartolomeo, presidente di Confindustria Puglia, alla chiusura dell’Ilva prevista nel contratto di governo M5S-Lega. Una scelta che per Taranto determina caos e incertezza.
De Bartolomeo, Ilva fattura 2,2 miliardi, produce 5,8 milioni di tonnellate d’acciaio e genera lavoro per 20 mila dipendenti tra diretti e indiretti (dati al 2016). È giusto chiuderla senza tentare di renderla meno inquinante?
«Sinceramente non so come il M5S vorrà gestire questa vertenza. Fatto sta che chiudere una fabbrica così importate per l’economia di Taranto (e dell’Italia) non risolve i problemi della città». Perché?
«Ammettiamo che l’azienda si fermi. Che fine fanno gli impianti? E l’area industriale?».
Il M5S dice che si deve ricollocare il personale nel progetto di filiera delle bonifiche.
«Bonificare significa avviare un processo di investimento impressionante. Si parla di un assegna da 100 miliardi. Dove sono questi soldi? E poi le dimensioni della bonifica vanno spiegate alla gente». Indichi almeno un passaggio. «Ilva ha una superficie di tre volte la città di Taranto. Bisognerebbe scavare questa parte di territorio per undici metri di profondità. Mi sembra un’opera alquanto complicata».
Qual è la soluzione di Confindustria?
«Abbiamo fatto alcuni studi su una possibile riconversione, ma sono sincero: non ci sono i margini per realizzare alcun piano alternativo. Ci vogliono ingenti risorse e soprattutto c’è un problema: il tempo non gioca a favore di azioni radicali. Quello che possiamo ipotizzare è lavorare in altre direzioni andando avanti con la produzione e con il rispetto dell’ambiente. Lo ripeto: discutiamo, ma di cose realizzabili».
Il nuovo governo giallo-verde avrà una prima scadenza da affrontare. A luglio l’amministrazione straordinaria di Ilva non avrà più risorse per proseguire l’attività.
«È un grave problema. La speranza è che si trovi un compromesso per permettere di coniugare le esigenze del lavoro con quelle dell’ambiente».
Una fabbrica così importante è sull’orlo del crac (con vantaggi indiretti della stessa ArcelorMittal che non avrà più un concorrente importante in Europa). Ci sono responsabilità anche degli industriali?
«Quando si arriva a questa situazione le colpe sono diffuse. Anche l’idea di concentrare l‘economia di Taranto sull’acciaio ha dimostrato i propri limiti. Ma ora bisogna affrontare la vertenza con coraggio e idee condivise».
La riconversione Abbiamo degli studi su una possibile riconversione, ma devo essere sincero: non ci sono i margini per realizzare alcun piano alternativo