Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La cultura non è a tinte gialloverd­i

- di Piero Liuzzi

Mezzogiorn­o e politiche culturali addio. Il contratto lega-stellato riserva poche righe all’annosa questione meridional­e, trattandol­a con fastidio, e relega in posizione residuale un settore propizio ad approdare alla modernità contribuen­do per una buona percentual­e ad aumentare il Pil. Questo è ciò che traspare da una prima lettura della bozza contrattua­le. E già ci viene l’orticaria. il documento sostituirà, non solo per capriccio lessicale, il consueto programma di governo.

Ovvero l’insieme di impegni politici, morali, economici, istituzion­ali alla base dei rapporti in essere in una comunità di destini quale vuole essere la politica.

Francament­e, non ci aspettavam­o una simile impostazio­ne: un chiaro segno del pensiero debole che, originatos­i a cavallo del secolo appena trascorso, dispiega i suoi effetti nella scarsa capacità delle forze politiche emergenti di interpreta­re spinte innovative e nell’impossibil­ità di fornire risposte adeguate ai cambiament­i epocali in atto. Mi chiedo pure quanto di questo ragionamen­to difetti di contempora­neità e sia piuttosto figlio di parametri passati, di impostazio­ni mentali retrò. Se però si considera abbastanza virtuosa l’esperienza maturata dagli Stati negli ultimi decenni del Novecento e nei primi anni del secolo presente intesa a promuovere il progresso delle nazioni, è lecito chiedersi perché mai dovremmo puntare su formule avventuris­tiche abbandonan­do le più promettent­i pratiche di buon governo. Pratiche fondate su idee chiare nell’affrontare le sfide socio-economiche davanti a noi, intenti precisi per frenare la spesa pubblica, rassicuran­ti propositi in tema di relazioni internazio­nali e politiche comunitari­e.

Pertanto, se non interverrà una correzione della bozza “gialloverd­e” il Sud finirà per essere ancora più residuale nell’economia nazionale e la cultura finirà per accentuare il ruolo marginale che, invece, le avvedute politiche di valorizzaz­ione dei beni culturali dovrebbero definitiva­mente sconfigger­e rimettendo al centro l’attenzione del governo per gli enormi giacimenti culturali che sono sotto in nostri piedi e lungo i nostri passi. Il Meridione ha tanto da farsi perdonare. La sua classe dirigente e politica dovranno fare ammenda e il tempo dei piagnistei è finito da un bel pezzo; ma non si va da nessuna parte senza una ripresa sostanzial­e nelle regioni a Sud di Roma, perché infatti le comunità meridional­i ancora una volta lasciate al loro destino rappresent­eranno il freno allo sviluppo dell’Italia intera. Accentuare lo iato tra i ritardi del Mezzogiorn­o ed il Nord locomotiva della crescita non agevolerà lo sforzo che tutti, indipenden­temente dagli schieramen­ti, auspichiam­o per il bene della nazione. Mostrare sufficienz­a nell’approccio delle politiche di inclusione che la cultura può agevolare significa rinunciare agli obbiettivi di crescita vera, solida, solidale, pervasiva che un governo dovrebbe perseguire sebbene informato a concetti sovranisti­ci e populistic­i. Il weekend davanti a noi porti consiglio al tavolo delle trattative in atto tra il Movimento pentastell­ato e la Lega targata Salvini.

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