Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La cultura non è a tinte gialloverdi
Mezzogiorno e politiche culturali addio. Il contratto lega-stellato riserva poche righe all’annosa questione meridionale, trattandola con fastidio, e relega in posizione residuale un settore propizio ad approdare alla modernità contribuendo per una buona percentuale ad aumentare il Pil. Questo è ciò che traspare da una prima lettura della bozza contrattuale. E già ci viene l’orticaria. il documento sostituirà, non solo per capriccio lessicale, il consueto programma di governo.
Ovvero l’insieme di impegni politici, morali, economici, istituzionali alla base dei rapporti in essere in una comunità di destini quale vuole essere la politica.
Francamente, non ci aspettavamo una simile impostazione: un chiaro segno del pensiero debole che, originatosi a cavallo del secolo appena trascorso, dispiega i suoi effetti nella scarsa capacità delle forze politiche emergenti di interpretare spinte innovative e nell’impossibilità di fornire risposte adeguate ai cambiamenti epocali in atto. Mi chiedo pure quanto di questo ragionamento difetti di contemporaneità e sia piuttosto figlio di parametri passati, di impostazioni mentali retrò. Se però si considera abbastanza virtuosa l’esperienza maturata dagli Stati negli ultimi decenni del Novecento e nei primi anni del secolo presente intesa a promuovere il progresso delle nazioni, è lecito chiedersi perché mai dovremmo puntare su formule avventuristiche abbandonando le più promettenti pratiche di buon governo. Pratiche fondate su idee chiare nell’affrontare le sfide socio-economiche davanti a noi, intenti precisi per frenare la spesa pubblica, rassicuranti propositi in tema di relazioni internazionali e politiche comunitarie.
Pertanto, se non interverrà una correzione della bozza “gialloverde” il Sud finirà per essere ancora più residuale nell’economia nazionale e la cultura finirà per accentuare il ruolo marginale che, invece, le avvedute politiche di valorizzazione dei beni culturali dovrebbero definitivamente sconfiggere rimettendo al centro l’attenzione del governo per gli enormi giacimenti culturali che sono sotto in nostri piedi e lungo i nostri passi. Il Meridione ha tanto da farsi perdonare. La sua classe dirigente e politica dovranno fare ammenda e il tempo dei piagnistei è finito da un bel pezzo; ma non si va da nessuna parte senza una ripresa sostanziale nelle regioni a Sud di Roma, perché infatti le comunità meridionali ancora una volta lasciate al loro destino rappresenteranno il freno allo sviluppo dell’Italia intera. Accentuare lo iato tra i ritardi del Mezzogiorno ed il Nord locomotiva della crescita non agevolerà lo sforzo che tutti, indipendentemente dagli schieramenti, auspichiamo per il bene della nazione. Mostrare sufficienza nell’approccio delle politiche di inclusione che la cultura può agevolare significa rinunciare agli obbiettivi di crescita vera, solida, solidale, pervasiva che un governo dovrebbe perseguire sebbene informato a concetti sovranistici e populistici. Il weekend davanti a noi porti consiglio al tavolo delle trattative in atto tra il Movimento pentastellato e la Lega targata Salvini.