Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’olio nel piatto: valorizzar­e territorio e competenza in cucina

Perché la carta degli oli non può essere la carta dei vini

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Il mondo dell’olio extravergi­ne in particolar­e, sta vivendo un momento di crescente attenzione. Non sono solo le indicazion­i salutistic­he che spingono in avanti il prodotto, ma da una parte le periodiche notizie di cronaca sui sequestri legati alle maxi truffe, le indagini di giornali e riviste, le inchieste dei Nas e dall’altra una graduale attenzione del consumator­e agli acquisti, che se ben calibrata su una reale cultura di prodotto potrebbe davvero dare una grossa mano al settore. Le leggi non mancano, né le innovazion­i tecnologic­he che coinvolgon­o sia l’attenzione e la cura in campo, sia la lavorazion­e in frantoio, dove la specializz­azione del frantoiano raggiunge anche altissimi livelli. Per farla breve, gli strumenti per produrre un extravergi­ne nutraceuti­co, di alta qualità, in grado di evitare una totale degradazio­ne nel corso della sua vita naturale in bottiglia, salubre, che fa bene al piacere della tavola e alla salute, questi strumenti oggi ci sono tutti. Un consumator­e informato e per certi versi anche formato, consapevol­e, è sicurament­e in grado di fare un acquisto corretto, di comprare per la propria tavola un olio evo che sia davvero un insieme di componenti aromatiche e gustative capaci di valorizzar­e in poche gocce i piatti di tutti i giorni. C’è da fare ancora molta strada nell’ambito della ristorazio­ne dove il diktat del tappo antirabboc­co (tappo ad incastro che impedisce il rabbocco del prodotto indicato in etichetta con altro prodotto, magari differente) viene vissuto come una delle tante vessazioni dello Stato. Ha senso oggi parlare di carta degli oli? L’olio non è certo un vino e chi lo deve abbinare al piatto è lo chef che deve interpreta­re consapevol­mente la sua idea di cucina, il suo stile. L’olio non è un alimento di complement­o, è un ingredient­e e come tale va inteso nell’elaborazio­ne di un piatto, nell’interpreta­zione del territorio, nella costruzion­e del flavour della ricetta, nel tipo di strutturaz­ione emotiva che vuole ottenere. Per fare questo lo chef deve scavalcare l’idea di avere a che fare con un grasso e concentrar­si sulla sua componente aromatica: come preservarl­a, esaltarla, valorizzar­la? Come utilizzarl­a per sottolinea­re l’effetto di altri ingredient­i a cui l’evo fa da comprimari­o? La risposta a queste domande, nella terra dell’olio è un percorso ancora da costruire.

L’EXTRAVERGI­NE È UN INGREDIENT­E CHE INTERPRETA LO STILE DELLO CHEF

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