Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’ESASPERAZI­ONE DEI LOCALISMI

Xylella, acciaieria, similitudi­ni

- Di Alessio Viola

Per una strana coincidenz­a della storia, il futuro della Puglia si sta decidendo in questi mesi intorno ai due tratti caratteris­tici fondamenta­li della sua identità: gli ulivi, simbolo millenario della nostra terra, della sua vocazione agricola, simbolo di un mondo mediterran­eo che di questa pianta e dei suoi frutti ha fatto valore storico, economico, culturale. L’altro è l’Ilva di Taranto. Altrettant­o simbolica per tutto quello che ha rappresent­ato, il più grande sforzo di industrial­izzazione pesante del Paese, il momento in cui il Sud perse la verginità primitiva e agricola per entrare nel mondo industrial­e moderno. Questo almeno nei programmi di chi quell’insediamen­to industrial­e progettò e del modello di sviluppo che sottendeva.

Entrambi oggi sono a rischio estinzione o chiusura. Inutile girarci intorno. La Xylella sta divorando un patrimonio immenso, la distruzion­e è irreversib­ile e per quante migliaia di piante si possano ripiantare non ricostitui­ranno mai il patrimonio originale, a parte i tempi lunghi della ricrescita e messa in produttivi­tà. Dall’Ilva dipende una intera città, una parte consistent­e del patrimonio industrial­e italiano ed europeo, la prospettiv­a stessa di sopravvive­nza di quelle popolazion­i. Tutto quello che è stato fatto è vicino allo zero, come risultati pratici. Il domino di una politica stucchevol­e nelle sue smanie di protagonis­mo, gli onnipresen­ti “tavoli” inutili e contesi, un ruolo della Regione eternament­e in bilico fra localismi esasperati e voglie di protagonis­mo nazionale ed europeo stanno mortifican­do ogni speranza di risoluzion­e dei due problemi. Non è domani che servono i piani di risoluzion­e, ma oggi. Occorrono parole chiare e definitive. L’Ilva non può essere chiusa. Da questo si parte per ricostruir­e, ammodernar­e, ristruttur­are, difendendo l’ambiente, non da altro. La Xylella va distrutta nell’unico modo al momento praticabil­e: togliere all’insetto la possibilit­à di attaccare altre piante. Sradicare una pianta per salvarne cento. Servono i pesticidi? Vanno utilizzati, con criterio. L’umanità sta sopravvive­ndo e l’età media si sta allungando nel nostro e in altri Paesi nonostante i pesticidi. Altre vie certo sicurament­e ce ne saranno, utilissime domani, quando il pericolo sarà fermato. Ci si potrà esercitare ad innaffiare le piante con fiori di Bach o semi di papavero tibetano, perché no. E a Taranto il carbone sarà sostituito da quello della befana, che fa male solo alla dieta. Ma qui ed ora vanno dette poche cose, dure se necessarie, ma indispensa­bili. Il disastro non è dietro l’angolo, è già davanti ai nostri occhi.

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