Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’ESASPERAZIONE DEI LOCALISMI
Xylella, acciaieria, similitudini
Per una strana coincidenza della storia, il futuro della Puglia si sta decidendo in questi mesi intorno ai due tratti caratteristici fondamentali della sua identità: gli ulivi, simbolo millenario della nostra terra, della sua vocazione agricola, simbolo di un mondo mediterraneo che di questa pianta e dei suoi frutti ha fatto valore storico, economico, culturale. L’altro è l’Ilva di Taranto. Altrettanto simbolica per tutto quello che ha rappresentato, il più grande sforzo di industrializzazione pesante del Paese, il momento in cui il Sud perse la verginità primitiva e agricola per entrare nel mondo industriale moderno. Questo almeno nei programmi di chi quell’insediamento industriale progettò e del modello di sviluppo che sottendeva.
Entrambi oggi sono a rischio estinzione o chiusura. Inutile girarci intorno. La Xylella sta divorando un patrimonio immenso, la distruzione è irreversibile e per quante migliaia di piante si possano ripiantare non ricostituiranno mai il patrimonio originale, a parte i tempi lunghi della ricrescita e messa in produttività. Dall’Ilva dipende una intera città, una parte consistente del patrimonio industriale italiano ed europeo, la prospettiva stessa di sopravvivenza di quelle popolazioni. Tutto quello che è stato fatto è vicino allo zero, come risultati pratici. Il domino di una politica stucchevole nelle sue smanie di protagonismo, gli onnipresenti “tavoli” inutili e contesi, un ruolo della Regione eternamente in bilico fra localismi esasperati e voglie di protagonismo nazionale ed europeo stanno mortificando ogni speranza di risoluzione dei due problemi. Non è domani che servono i piani di risoluzione, ma oggi. Occorrono parole chiare e definitive. L’Ilva non può essere chiusa. Da questo si parte per ricostruire, ammodernare, ristrutturare, difendendo l’ambiente, non da altro. La Xylella va distrutta nell’unico modo al momento praticabile: togliere all’insetto la possibilità di attaccare altre piante. Sradicare una pianta per salvarne cento. Servono i pesticidi? Vanno utilizzati, con criterio. L’umanità sta sopravvivendo e l’età media si sta allungando nel nostro e in altri Paesi nonostante i pesticidi. Altre vie certo sicuramente ce ne saranno, utilissime domani, quando il pericolo sarà fermato. Ci si potrà esercitare ad innaffiare le piante con fiori di Bach o semi di papavero tibetano, perché no. E a Taranto il carbone sarà sostituito da quello della befana, che fa male solo alla dieta. Ma qui ed ora vanno dette poche cose, dure se necessarie, ma indispensabili. Il disastro non è dietro l’angolo, è già davanti ai nostri occhi.