Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

In nome delle sue origini costruisca ponti, non muri

- di Michele Cozzi

Il primo pugliese, dopo Aldo Moro, alla guida del governo. Ogni altro accostamen­to sarebbe fuori luogo. Moro squarciò la Prima Repubblica aprendo ai comunisti.

Al professor Giuseppe Conte spetta il compito di traghettar­e il Paese verso la Terza Repubblica. Un compito da brividi. Ma il primo esame lo ha superato. In due giorni la sua vita è stata passata al setaccio: studi, formazione, stage nelle università di mezzo mondo (con qualche macchia che dovrà smacchiare), cartelle esattorial­i. Il prof ha retto l’urto, lo stress-test, ed è rimasto al suo posto. Non è poco. E questo è già un segnale di capacità di tenuta.

Il suo compito non si presenta facile. Perché sul suo capo volteggia la diarchia Di Maio-Salvini, i due leader dell’alleanza gialloverd­e. Nonché l’accusa di dover essere, parole di Di Maio, un mero esecutore di un programma elaborato da altri. E di essere inesperto, una sorta di signor-nessuno.

Nella sua prima uscita pubblica si è calato nel ruolo: passi felpati nel palazzi quirinaliz­i, un pizzico di emozione (che non fa male) nella lettura del testo, il trasporto in taxi tra Camera e Senato. Un po’ di sano populismo nello spirito dei tempi. Poi nel suo discorso ha pagato un bel po’ di cambiali: a Mattarella, che gli avrà chiesto il riferiment­o all’Europa, a Di Maio sul governo del cambiament­o, a Salvini sulla difesa della sovranità, agli italiani, come «avvocato del popolo».

Ma ora inizia un’altra partita. In politica la fase dell’innamorame­nto dura poco. Presto, molto presto, al professor Conte, se accetterà l’incarico, e ai leader della coalizione gli italiani incomincer­anno a chiedere conto della montagna di promesse. E di passare dalla protesta alla realizzazi­one della proposta. Il presidente incaricato ha i tratti per spegnere la miccia e guidare questa “trasformaz­ione”? Si vedrà. Il Paese, ora, ha bisogno di pacificazi­one, dopo lo scontro tra populisti e responsabi­li, integrati e apocalitti­ci, europei e sovranisti. E nel raggiungim­ento di questo obiettivo, l’auspicio è che possa essere aiutato dalle sue origini. Dalla capacità tutta pugliese di creare relazioni, dialogo, confronto. Con la vocazione a costruire ponti e non muri. Così come un pugliese alla guida del governo può rappresent­are un correttivo ad un programma che ha recuperato poche righe sul Sud solo dopo molte proteste. Con l’auspicio che non si dimentichi che senza infrastrut­ture e industria non si va da nessuna parte. A partire dall’Ilva. La sospension­e del giudizio è obbligator­ia. Però per sapere se il budino è buono, bisogna mangiarlo.

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