Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
RESPIRO EUROPEO E VECCHI PROBLEMI
La città di Bari è spinta verso una crescita non solo quantitativa, ma anche dotata di qualità metropolitana. Non mancano, tuttavia, contraddizioni tali da lasciare un segno negativo nella cittadinanza e nell’opinione più attenta di tutta la regione. Infatti, il capoluogo adriatico da qualche tempo si osserva all’interno, magari costretto dai problematici cambiamenti del paesaggio urbano, e insieme guarda oltre i suoi confini materiali. Le recenti opere stradali e il cambio di passo del porto e dell’aeroporto sono le tappe più concrete di una traccia che si porta fuori, oltre il nostro mare, e anche oltre il lavoro e le professioni più legate alla tradizione – si pensi al nodo avvocati/medici/ingegneri, o al commercio minuto. Da un lato è vero che Bari stia aprendo orizzonti più avanzati nell’impresa e nel suo sistema di mediazioni, dalla banca alla giustizia, per non parlare del richiamo poliglotta del suo Santo. Dall’altro lato, sulla stessa giustizia vengono al pettine nodi antichi di un centro attento al ceto forense, e oggi quasi privo di luoghi per i tribunali e per il loro ruolo su conflitti piccoli e grandi, o nel contrasto alla delinquenza. Perché quasi privo? Perché, fatto salvo l’edifico di piazza De Nicola, non più sufficiente, restano il Tar, ospitato in un bel palazzo privato, e la più che precaria sede di via Nazariantz, ormai allo sgombero e in un regime di affitto in cui il competente ministero non sembra sempre in regola con canoni e manutenzione ordinaria. Ecco una contraddizione molto complicata, dopo anni di discorsi sull’ipotetica cittadella della giustizia, dalla collocazione mai unanime, e dalla realizzazione ancora di fantasia. Ecco l’urto visibile nel tessuto più moderno di una città come Bari, dotata di Università, Politecnico e importanti strutture di servizio e di impresa, e non in grado di offrire, in termini di decoro e di autorità morale, gli spazi della giustizia, quella risorsa che in vari modi passa per la vita dei cittadini se non altro per sentenze che valgono una regola, e per efficacia di pacificazione del territorio di competenza. Inutile disegnare ancora opere faraoniche sul mare, mai veramente finite – quelle esistenti – e astratte, quelle future, a corollario del tempo libero; sono invece urgenti edifici per la giustizia, governo indiretto ma decisivo in una città in pieno sviluppo. Sistemazioni in sedi improvvisate e urbanisticamente non adeguate – quali parcheggi? – sono segno di buona volontà, ma anche di rinvio di una decisione indispensabile per un volto urbano più attendibile e garante di rigore.