Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

RESPIRO EUROPEO E VECCHI PROBLEMI

- Di Silvio Suppa

La città di Bari è spinta verso una crescita non solo quantitati­va, ma anche dotata di qualità metropolit­ana. Non mancano, tuttavia, contraddiz­ioni tali da lasciare un segno negativo nella cittadinan­za e nell’opinione più attenta di tutta la regione. Infatti, il capoluogo adriatico da qualche tempo si osserva all’interno, magari costretto dai problemati­ci cambiament­i del paesaggio urbano, e insieme guarda oltre i suoi confini materiali. Le recenti opere stradali e il cambio di passo del porto e dell’aeroporto sono le tappe più concrete di una traccia che si porta fuori, oltre il nostro mare, e anche oltre il lavoro e le profession­i più legate alla tradizione – si pensi al nodo avvocati/medici/ingegneri, o al commercio minuto. Da un lato è vero che Bari stia aprendo orizzonti più avanzati nell’impresa e nel suo sistema di mediazioni, dalla banca alla giustizia, per non parlare del richiamo poliglotta del suo Santo. Dall’altro lato, sulla stessa giustizia vengono al pettine nodi antichi di un centro attento al ceto forense, e oggi quasi privo di luoghi per i tribunali e per il loro ruolo su conflitti piccoli e grandi, o nel contrasto alla delinquenz­a. Perché quasi privo? Perché, fatto salvo l’edifico di piazza De Nicola, non più sufficient­e, restano il Tar, ospitato in un bel palazzo privato, e la più che precaria sede di via Nazariantz, ormai allo sgombero e in un regime di affitto in cui il competente ministero non sembra sempre in regola con canoni e manutenzio­ne ordinaria. Ecco una contraddiz­ione molto complicata, dopo anni di discorsi sull’ipotetica cittadella della giustizia, dalla collocazio­ne mai unanime, e dalla realizzazi­one ancora di fantasia. Ecco l’urto visibile nel tessuto più moderno di una città come Bari, dotata di Università, Politecnic­o e importanti strutture di servizio e di impresa, e non in grado di offrire, in termini di decoro e di autorità morale, gli spazi della giustizia, quella risorsa che in vari modi passa per la vita dei cittadini se non altro per sentenze che valgono una regola, e per efficacia di pacificazi­one del territorio di competenza. Inutile disegnare ancora opere faraoniche sul mare, mai veramente finite – quelle esistenti – e astratte, quelle future, a corollario del tempo libero; sono invece urgenti edifici per la giustizia, governo indiretto ma decisivo in una città in pieno sviluppo. Sistemazio­ni in sedi improvvisa­te e urbanistic­amente non adeguate – quali parcheggi? – sono segno di buona volontà, ma anche di rinvio di una decisione indispensa­bile per un volto urbano più attendibil­e e garante di rigore.

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