Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il fascino degli antichi frantoi

Nel sottosuolo pugliese, salentino in particolar­e, un tesoro da scoprire La nuova tendenza è far conoscere ai turisti anche questa realtà

- Alessandra Caligiuri

Ogni estate le immagini delle spiagge bianche del Salento, le Maldive del Mediterran­eo, fanno il giro delle classifich­e dei portali internet specializz­ati in turismo. Certo, non si può negare che il litorale del tacco d’Italia non sia bello, uno scenario ideale in cui ambientare le proprie vacanze. Da qualche anno, tuttavia, il punto di vista su questo tratto di Puglia è sempre lo stesso: quello dalla prima fila di ombrelloni allo stesso livello del mare.

A ribaltare la prospettiv­a quest’anno ci ha pensato Pay back, la società americana del gruppo American Express, che ha inserito tra i tour consigliat­i ai suoi clienti il Salento sotterrane­o. Si tratta dei frantoi ipogei, cavità sotterrane­e in cui fino alla fine del XIX secolo veniva prodotto l’olio, sia per uso alimentare che per l’illuminazi­one urbana. Le grotte scavate nel terreno raccontano la storia della produzione di un prodotto tipico della zona, che ancora oggi è simbolo e icona della regione insieme ai tronchi nodosi dei suoi alberi secolari. Una lavorazion­e antica, quella dell’olio, iniziata nel IX secolo, quando, con i contatti con i Bizantini, all’economia e al commercio del grano si sostituisc­e quella delle olive. Da novembre a maggio, dopo la raccolta, la vita si trasferiva negli ipogei. Sotto terra si schiacciav­ano i frutti, si separavano i noccioli e il liquido amaro dalla polpa. Il lavoro e lo spazio erano organizzat­i intorno a una grande pietra molare, con una vera e propria divisione degli ambienti secondo le loro funzioni. Si possono ancora osservare: il deposito, le stanze di lavoro, il soggiorno, la cucina, il dormitorio degli operai e la stalla, dove c’erano soprattutt­o asini. Spostare la lavorazion­e sotto terra permetteva di mantenere le olive a una temperatur­a costante, così da non farle irrancidir­e, e di riversare direttamen­te i raccolti nel frantoio, senza doverli trasportar­e troppo lontano dai

campi.

Gli ipogei, scavati nella roccia calcarea, erano vere e proprie città sotterrane­e, come Presicce, dove tra il‘700 e l‘800 erano oltre 30 i frantoi interrati al di sotto della piazza principale. È riduttivo pensare che qui venisse prodotto solo il condimento destinato alle tavole. Il centro salentino, infatti, era il punto di partenza dell’olio per le lampade destinato ai mercati di tutta Europa, da Parigi a Stoccolma. Non una rarità, perché anche negli ipogei di Morciano di Leuca, con ben 20 sotterrane­i, e Sternatia si lavorava questo carburante, all’epoca necessario per l’illuminazi­one urbana. Un’economia che è andata avanti fino all’arrivo dell’energia elettrica.

Nascosto al di sotto delle affollate stradine del centro storico è anche il frantoio di Gallipoli, che risale al 1600 e si trova nei sotterrane­i di palazzo Granafei. Del 1500 è, invece, quello di Vernole, sotto piazza Vittorio Veneto, in attività fino ai primi anni del ‘900. Suggestivo il frantoio del Casale di Noha, frazione di Galatina, con i suoi 300 metri quadrati, un sedile scavato nella pietra e la volta ricoperta di stalattiti.

Di ipogei di questo genere ce ne sono molti nel Salento, visitarli è un’occasione per riscoprire la storia del commercio dell’olio dalla Puglia meridional­e al nord dell’Europa. Lontano nel tempo e dal clamore della movida delle spiagge affollate.

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La produzione di olio era fondamenta­le per la tavola e anche per l’illuminazi­one di case e strade
La tradizione La produzione di olio era fondamenta­le per la tavola e anche per l’illuminazi­one di case e strade
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