Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Consensi elettorali per soldi Clan Di Cosola, 23 condanne
«Invito a preferirlo» con promesse e minacce. Era con i Popolari, non è stato eletto
Associazione mafiosa, scambio elettorale politicomafioso, coercizione elettorale e corruzione. Sono le accuse per le quali, ieri, eccezionalmente in un’aula del Palagiustizia di via Nazariantz, dichiarato inagibile nei giorni scorsi e in fase di sgombero, il gup del Tribunale di Bari Alessandra Piliego ha condannato 23 imputati a pene comprese fra i 7 anni e 8 mesi e i 25 mesi di reclusione e ne ha assolti quattro.
Si è così concluso il processo di primo grado, celebrato con il rito abbreviato, a carico di affiliati al clan Di Cosola che, secondo l’accusa, avrebbero tentato di condizionare l’esito delle ultime elezioni regionali in Puglia del maggio 2015. Stando alle indagini della Dda di Bari, gli imputati avrebbero quasi tutti procurato voti in cambio di denaro a Natale Mariella (poi non eletto), candidato con la lista Popolari a sostegno dell’allora candidato presidente della Regione Michele Emiliano. Mariella, conosciuto come Natalino, è un imprenditore barese di 50 anni che opera nel settore dei trasporti. Nominato dal Comune nel cda dell’Asi (Area di sviluppo industriale), a settembre del 2016 ha dato le dimissioni dall’incarico in seguito alla pubblicazione delle notizie sull’inchiesta che lo vedeva coinvolto. In quella circostanza, il sindaco Antonio Decaro, a quanti gli chiedevano un commento rispose: «Mariella si è già dimesso, non ci sono quindi pericoli di inquinamento». Quanto a Mariella, motivò le sue dimissioni affermando che non intendeva «causare alcun imbarazzo alle istituzioni». Tornando all’inchiesta e al processo, secondo l’accusa, in alcuni comuni della provincia di Bari gli affiliati all’organizzazione criminale, fra i quali Michele Di Cosola, figlio del boss pentito Antonio Di Cosola, nelle settimane precedenti le elezioni regionali avrebbero fermato persone per strada invitandole a votare Mariella «mediante l’esercizio della forza di intimidazione del clan» e con «minacce velate», così «impedendo il libero esercizio del
Il giudice
Le pene sono comprese fra i 7 anni e i 25 mesi di reclusione Quattro assoluzioni
diritto di voto». L’incensurato Armando Giove, ritenuto il referente di Mariella, accusato di aver accettato la promessa del clan di procurare voti offrendo in cambio 70 mila euro (per lui la Procura aveva chiesto 12 anni di reclusione), è stato condannato alla pena di 2 anni, un mese e 20 giorni per scambio politico elettorale ed è stato invece assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Il processo, dunque, non si è celebrato in una delle tende allestite nel parcheggio antistante al tribunale di via Nazariantz. Il giudice ha letto la sentenza in un’aula al primo piano del Palagiustizia chiedendo agli imputati detenuti il consenso a restare nell’edificio.