Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Africa, il racconto dei medici in prima linea

Alberto Barbieri si occupa di aiuti sanitari alle popolazion­i vulnerabil­i e conosce l’Africa Per il medico, relatore a «Le terrazze», la gestione dei migranti deve essere mondiale

- di Francesco Strippoli

«Idiritti umani prima di tutto». Alberto Barbieri, chirurgo e prossimo psicoterap­euta, è direttore di Medu, medici per i diritti umani. È un’associazio­ne nata nel 2004 per occuparsi di aiuto sanitario alle «popolazion­i vulnerabil­i» e di tutela delle stesse persone soccorse. Un’azione che Barbieri – relatore delle “Terrazze” organizzat­e dal Corriere – chiama di «cura e testimonia­nza». Cos’è l’Africa per lei, che è un soccorrito­re?

«Tante cose diverse. Ho lavorato laggiù, anche se per brevi periodi, e ne ho un ricordo intenso. Ma preferisco dire cosa è oggi. Rispetto a 10-15 anni fa, il concetto di Africa è profondame­nte cambiato. Oggi viviamo la stagione dell’emigrazion­e verso l’Europa e l’Italia, soprattutt­o dall’area sub-sahariana. E noi avvertiamo questo processo in modo drammatico».

La sua associazio­ne di cosa si occupa?

«Di progetti di prima assistenza sanitaria e programmi di secondo livello per le persone vittime di tortura e violenze intenziona­li. Incontriam­o molto spesso uomini e donne che portano sulle loro spalle vicende drammatich­e. Che, poi, altro non sono che il motivo della loro fuga: da Nigeria, Mali, Costa d’Avorio, Gambia, Corno d’Africa. Sono storie di violenze e persecuzio­ni subìte a causa del loro credo politico o religioso, oppure delle loro inclinazio­ni sessuali».

Parla di persecuzio­ni. E i migranti economici di cui si parla tanto?

«Sono solo il 10 per cento del totale. La gran parte scappa per non morire, chiedono rifugio e assistenza. A noi sfugge il concetto perché siamo ancorati ad un paradigma tradiziona­le della condizione di “rifugiato”: un modello figlio del mondo diviso in due blocchi e del Muro di Berlino».

Cosa vuol dire?

«La figura del rifugiato, nel secondo Dopoguerra, è stata elaborata individuan­do come tale il dissidente politico: che provenisse dall’ex Unione sovietica, dall’Europa orientale o dall’America Latina. Così è stato per lo più sacralizza­to dalle norme internazio­nali, a partire dalla Convenzion­e di Ginevra. Dopo il Muro, sono cambiati i numeri (in ascesa) e le caratteris­tiche dei rifugiati».

Cosa pensa del proposito di rimandare a casa 600 mila immigrati?

«Lei allude al progetto della Lega, è preoccupan­te. Se ne parlerà concretame­nte quando sarà al governo. Tuttavia, tra slogan e complessit­à della realtà, c’è una differenza enorme. Per fare i rimpatri occorrono gli accordi con i Paesi di provenienz­a. Diversamen­te non si possono fare. Ad ogni modo va considerat­o che le persone di cui si tratta meritano se non il diritto d’asilo almeno la protezione umanitaria. Insisto: il 90% arriva con drammatich­e storie di violenza alle spalle. Chi approda alle nostre coste ha diritto a ricevere supporto e accoglienz­a. Detto questo, per la gestione dell’emigrazion­e sarebbe necessario attivare una governance mondiale».

In concreto? «L’emigrazion­e è un fenomeno epocale e globale. Dipende da tanti fattori: crescita demografic­a, condizioni ambientali sfavorevol­i che rendono inospitali vaste aree del pianeta, squilibri economici. Occorrono interventi di varia natura, a cominciare dalla salvaguard­ia del pianeta. Se non si garantisce la tenuta ambientale o non si contrastan­o gli squilibri economici, i fenomeni migratori sono destinati a crescere. L’importante, ad ogni modo, è che sempre siano tutelati i diritti umani».

La diplomazia dei diritti umani, come quella delle Ong, è finita sotto accusa in Italia. Perfino sotto inchiesta penale.

«Viviamo il tempo che potremmo descrivere come quello “post diritti umani”. Questo è grave. Noi, viceversa, diciamo che i diritti umani devono essere al centro di ogni politica. È il solo modo per garantire il pianeta: non il proposito per anime belle o solo una tensione etica. È una strategia di sopravvive­nza. Le Ong sono finite nel mirino, è vero. Ogni azione produce dei contro effetti e non è detto che le Ong abbiano sempre e solo ragione. È giusto che anche loro siano sottoposte a critiche. Quello che si deve respingere sono gli attacchi strumental­i e propagandi­stici. Il tema della migrazione è sottoposto a giudizi polarizzat­i. Questo impedisce una discussion­e serena. Ma quando non si strumental­izzano le questioni, una soluzione la si trova».

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Il Continente nero attraversa mille difficoltà, non solo economiche Non si deve escludere il rispetto dei diritti umani che devono essere al centro di ogni politica. «È il solo modo per garantire il pianeta»
Il problema Il Continente nero attraversa mille difficoltà, non solo economiche Non si deve escludere il rispetto dei diritti umani che devono essere al centro di ogni politica. «È il solo modo per garantire il pianeta»

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