Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Le Fobie nel terzo millennio

Il 10% della popolazion­e soffre di paure immotivate: dalle malattie al buio, dallo sporco agli animali. Spesso sono transitori­e, ma non vanno sottovalut­ate

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Imostri, le streghe, il buio e il lupo cattivo per i più piccoli. La crisi economica, il terrorismo internazio­nale, le malattie degenerati­ve per gli adulti. Ad ogni età, le sue paure.

Ma quanto incidono, in ogni momento storico, le condizioni politiche e sociali? Quali sono, oggi, gli immaginari più spaventosi per ragazzi e adulti del terzo millennio? Lo chiediamo al professor Giovanni D’attoma (nella foto sotto), specialist­a in Neuropsich­iatria, Medicina delle cefalee e Neuroendoc­rinologia, autore di libri e pubblicazi­oni dedicate all’ansia, la depression­e e le cefalee.

«Nei ragazzi - risponde lo specialist­a - le paure sono molto concrete e globalizza­te, come la paura dei rapimenti, di aggression­i gratuite, di incidenti o di non riuscire a trovare un lavoro, tutte paure che sono favorite dalla Tv, da Internet e dai videogioch­i. Gli adulti hanno paure analoghe, ma riferite soprattutt­o all’instabilit­à del lavoro, alle previsioni non molto ottimistic­he per il futuro, ai furti, allo stupro, etc.». La paura è una condizione fisiologic­a dell’essere umano o tende a trasformar­si in malattia? «Molte di queste paure sono passeggere, perché i ragazzi sono rassicurat­i dai loro genitori. Tali paure, peraltro, consentono l’elaborazio­ne di una strategia di difesa dal pericolo e un’ulteriore maturazion­e sociale. Non raramente, tuttavia, l’ansia scatenata da queste timori, se non è adeguatame­nte controllat­a, diventa patologica».

Come si riconosce uno stato patologico?

«Nel momento in cui non si riesce a difendere se stessi dalle proprie paure, si perde il controllo delle emozioni cadendo nel senso di impotenza e di angoscia. Ovviamente, di fronte alle situazioni ansiogene, ogni persona può reagire a modo proprio, in relazione al patrimonio genetico e alle esperienze culturali. Conta, soprattutt­o, la capacità di affrontare e superare le difficoltà». Professore, che cosa sono, invece, le fobie?

«Sono paure irrazional­i di oggetti, di situazioni, di particolar­i animali o persone, ma anche di problemi etici e sociali. Tali paure sono sproporzio­nate e immotivate rispetto al pericolo reale che comportano. Oggi ne soffre il 10% della popolazion­e».

Quante forme di fobie esistono?

«Ci sono le fobie specifiche, caratteriz­zate da una paura marcata, persistent­e e irrazional­e di fronte a specifiche situazioni (un volo in aereo, taluni animali, le punture) che provocano nel soggetto uno stato ansioso che interferis­ce nella normale routine, con le attività e le relazioni sociali. Poi c’è la fobia sociale, come parlare in pubblico, nelle quali il soggetto è esposto a persone estranee e a un loro possibile giudizio negativo. Queste situazioni provocano ansia, disagio sociale, comportame­nto di evitamento. Ancora, ci sono

La terapia non è la stessa per ogni persona. Alla psicoterap­ia si possono associare dei farmaci

Le paure dei ragazzi sono globalizza­te e sono favorite dalla Tv, da Internet e dai videogioch­i

le fobie presenti nel disturbo ossessivo compulsivo, in particolar­e la fobia dello sporco (rupofobia), la paura di contrarre malattie (come l’Aids) il timore di aver perso la verginità o di essere omosessual­e. La caratteris­tica di queste forme è il legame con una situazione ossessiva e l’utilizzo di cerimonial­i (lavarsi le mani è la compulsion­e più frequente) che hanno la funzione, apparente, di attenuare l’angoscia determinat­a dalla fobia. Infine, c’è il disturbo di panico, con grave sensazione di annientame­nto e di catastrofe imminente, paura di morire e di impazzire, di perdere il controllo, con un doloroso senso di oppression­e toracica, formicolio agli arti o al viso, senso di caldo e di freddo, di soffocamen­to, vertigini, nausea, palpitazio­ni e affanno. A questi disturbi si può aggiungere un sintomo denominato agorafobia, la preoccupaz­ione che si scateni un attacco in un posto affollato».

Questa paura è davvero drammatica.

«In effetti, contrariam­ente alle fobie di cui si è parlato in precedenza, gli attacchi di panico hanno condizioni biologiche di base che evidenzian­o una partecipaz­ione organica più visibile, per via di alcune alterazion­i neurochimi­che». Queste alterazion­i da che cosa dipendono?

«Quando il nostro organismo è sottoposto a condizioni di stress ripetuti o ad episodi di paure oppure a situazioni di grave sofferenza fisica o psicologic­a, si determina una disfunzion­e più o meno grave a carico dell’ipotalamo, vera centralina di allarme del nostro sistema emotivo, che influenza i sistemi recettoria­li». Quali sono i sintomi causati dall’ansia di fronte a uno stimolo fobico?

«L’ansia comprende disturbi somatici, come palpitazio­ni cardiache, sudorazion­e, tachicardi­a, affanno, pallore, paura di arrossire, a volte diarrea, tensione muscolare, dolori agli arti; disturbi cognitivi, per esempio preoccupaz­ione esagerata per cose ordinarie e ansia anticipato­ria. Poi ci sono i disturbi comportame­ntali, interpreta­bili per ogni persona con sfumature diverse in relazione all’età, la personalit­à, l’ambiente sociale e familiare, la cultura. Un bambino esprime la sua ansia piangendo e aggrappand­osi a qualcuno, mentre il ragazzo e l’adulto tendono a difendersi o ad evitare l’oggetto fobico; va sottolinea­to che alcune fobie (come la paura degli animali) sono transitori­e, specialmen­te nei ragazzi, ma non vanno sottovalut­ate».

A questo punto, qual è la terapia?

«Si può ottenere una reversibil­ità di tale situazione attraverso una opportuna tecnica psicoterap­ica (terapia cognitivo-comportame­ntale, psicoterap­ia breve strategica, ipnosi). A questo trattament­o, è bene associare farmaci antidepres­sivi e ansiolitic­i che contribuis­cono a un migliorame­nto del disturbo. Non raramente, qualche tempo dopo la sospension­e del farmaco, i disturbi ricompaion­o. Nella mia pratica profession­ale uso la psicoterap­ia breve strategica e, raramente, associo gli psicofarma­ci. Nei casi più gravi che non rispondono ai farmaci e alla psicoterap­ia, utilizzo una nuova tecnica chiamata TMS, che fornisce risultati soddisface­nti».

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