Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il compromesso del Palagiustizia
Bonafede: decreto d’urgenza contro le prescrizioni. Ma avvocati e magistrati delusi
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede mantiene la promessa fatta al sindaco Antonio Decaro: come primo atto decide di scendere a Bari per rendersi conto della situazione in via Nazariantz, dove il palazzo che ospita gli uffici penali è inagibile e le udienze (solo di rinvio) si tengono in tre tende della Protezione civile. Bonafede accoglie la richiesta di un provvedimento di urgenza e annuncia di essere intenzionato a utilizzare un decreto legge per sospendere i termini processuali e bloccare la prescrizione. Tuttavia il ministro gela magistrati e avvocati sul futuro del palagiustizia e intende seguire la precedente linea del ministero: due sedi, una a Modugno e una in via Brigata Bari, uno spezzatino accolto con scetticismo e disappunto.
Un decreto legge per sospendere i termini processuali e bloccare le lancette della prescrizione che continuano a scorrere inesorabili, ma netta opposizione alla nomina di un commissario per la gestione del problema: al termine di una mattinata trascorsa nella tendopoli giudiziaria di via Nazariantz, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede indica la strada che intende seguire per tentare di porre rimedio al disastro che si sta consumando a Bari, dove il Tribunale che ospita gli uffici penali è a rischio crollo e si va lentamente trasformando in un guscio vuoto già sostituito del resto con tre tendoni della Protezione civile.
Bonafede ha scelto di venire a Bari per lanciare un segnale concreto di attenzione e per «metterci la faccia», come ripete nel pomeriggio. Ma se qualcuno si aspettava la svolta in grado di restituire alla città la funzione giurisdizionale in tempi più o meno rapidi è rimasto deluso. Perché i processi rimarranno bloccati. Tanto che lo stesso ministro ammette che «al momento non è possibile prevedere quando potranno riprendere le udienze».
Insomma, al di là dei dubbi sulle nuove sedi dove spostare i procedimenti, rimane una certezza: all’orizzonte ci sono soltanto rinvii. Che forse non incideranno sulla prescrizione qualora dovesse essere adottato il decreto legge di cui parla il ministro, ma di certo senza la contestuale individuazione di una sede unica per la giustizia penale - innescheranno un ingorgo procedurale senza precedenti a causa delle nuove notifiche che dovranno comunque essere effettuate. Un problema che è stato fatto presente da magistrati e avvocati, i quali speravano in un provvedimento che consentisse di reperire con procedure veloci un immobile per una normale attività di udienza.
«Io sono contrario non alla normativa d’urgenza - precisa Bonafede - ma alla politica emergenziale che individua un soggetto plenipotenziario che prende in mano la situazione. Questo avviene - aggiunge - di fronte all’inerzia del ministro e siccome il ministro non è inerte mi prendo la responsabilità di guidare il percorso». Diverso invece il discorso sui termini processuali. «Valuterò nelle prossime ore se si può intervenire immediatamente con un decreto legge», dice Bonafede. Il quale non nasconde che la situazione «è chiaramente grave e urgente», ma non intende comunque stravolgere il percorso tracciato a Roma pochi giorni fa preferendo quindi attendere l’esito della ricerca di mercato i cui termini scadono l’11 giugno. Proprio ieri sarebbe giunta una proposta via mail.
La tendopoli costituisce una delle pagine più nere della giustizia italiana. «Di persona fa impressione, non ci sono dubbi», dichiara il ministro, accolto dal sindaco Antonio Decaro e dai vertici della magistratura barese. Bonafede ha anche incontrato gli impiegati che prestano servizio negli uffici del palazzo di via Nazariantz, gente che porta avanti un lavoro oscuro ma imprescindibile per il funzionamento della macchina giudiziaria. «Siamo preoccupati, non riusciamo a capire: se è pericoloso per quale ragione soltanto noi dobbiamo rimanere qui dentro?», chiedono. Adesso si attende che il governo batta un colpo. L’impressione è che il decreto ci sarà. Ma rischia comunque di essere una soluzione dimezzata.
Dubbi Per il ministro non si può dire quando si tornerà a udienze normali