Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Le beghe di partito come su un set di un brutto reality
Adue giorni di distanza, cosa resta della polemica sull’aereo di Stato utilizzato dal nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte per raggiungere il G7 in Canada? Non l’imbarazzante comunicato con il quale il primo partito del Paese ha ritenuto doveroso scusarsi con i cittadini per l’impossibilità di prenotare un normale volo di linea. Né tantomeno la solerte risposta di alcuni zelanti oppositori che hanno dimostrato come una semplice ricerca online rivelasse una grande disponibilità di voli per quella tratta. E nemmeno la patetica precisazione che il velivolo adoperato non fosse il famigerato «Air Force Renzi», bensì un modello più vecchio. E neanche l’altrettanto penosa precisazione di chi ha controbattuto che si trattasse invece proprio dello stesso aereo usato dai precedenti premier. No, niente di tutto questo. Questa polemica, oggi, mi lascia in eredità solo un’inquietante domanda: quand’è, esattamente, che abbiamo smesso di parlare di politica e cominciato a perdere tempo appresso a queste sesquipedali stronzate? La cosa si sta facendo drammatica. Siamo diventati i killer del dibattito politico. Anzi, peggio, i suoi sequestratori, perché l’abbiamo rapito e l’abbiamo rinchiuso nel gigantesco set di un reality show dove a tutti i partecipanti pare la cosa più normale del mondo accapigliarsi e polemizzare per giorni intorno al fatto che un’importante carica dello Stato usi un aereo di Stato per rappresentare lo Stato. Chi, come e perché ha creato questa gigantesca arma di distrazione di massa per cui la discussione pubblica è gradualmente passata dallo scontro di classe allo scontrino di cassa, dall’energia verde alle auto blu, dal costo del lavoro al low cost del volo? Io l’idea sul mandante di questo imperdonabile crimine ce l’ho. Ma noi, sì noi, tutti noi, siamo complici. Prima ce ne rendiamo conto, più presto l’ostaggio potrà tornare in libertà.