Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Palagiustizia, il no di Emiliano
La risposta agli avvocati: «Non ero alla tendopoli? Nessuno mi ha chiamato»
Michele Emiliano incontra gli avvocati, ma oppone un no all’ipotesi avanzata dai legali di un trasferimento del palagiustizia penale nella nuova sede della Regione Puglia. Il governatore respinge le accuse di chi gli rimprovera di essere stato assente nell’emergenza palagiustizia. «Non ero alla tendopoli? Nessuno mi ha chiamato», dichiara.
Tre settimane di silenzio. Fino a ieri quando Michele Emiliano, in un confronto accesso con gli avvocati di Bari, ha finalmente espresso la sua opinione sull’emergenza dell’edilizia giudiziaria. Lo ha fatto davanti al palazzo del governo dove era in corso un sit in di protesta di un gruppo di penalisti: una delegazione è stata ricevuta dal prefetto Marilisa Magno.
Provocato dalle domande degli avvocati, esausti di esercitare la professione in una tendopoli, il presidente della Regione ha chiarito la sua posizione: «In sostituzione dello Stato la Regione non interverrà più. Ognuno ha le sue competenze, la Regione non ha nessun ruolo sull’edilizia giudiziaria». L’incontro con i penalisti è stato del tutto casuale. Emiliano era lì per partecipare alla presentazione di un nuovo treno di Trenitalia.
Rispondendo a chi gli ha chiesto il motivo per il quale non è mai andato alla «tendopoli della giustizia» a portare la sua solidarietà e a rendersi conto delle condizioni in cui gli operatori della giustizia sono costretti a lavorare da settimane, Emiliano ha detto: «Nessuno ha mai chiesto la mia presenza. Quando il ministro è venuto a Bari non mi ha invitato. La mia vicinanza è scontata. Oggi (ieri, ndr) quando mi avete chiesto di venire sono venuto. Se formalmente qualcuno me lo chiede, io ci sono altrimenti è una mascherata senza senso. Se lo Stato ci chiede di intervenire, noi interveniamo, come abbiamo fatto per le tende. Per qualunque cosa noi siamo a disposizione, ma la strategia sull’edilizia giudiziaria è del governo».
Nei giorni scorsi l’Anm di Bari aveva proposto la nuova sede della Regione al quartiere Japigia, come soluzione per sistemare provvisoriamente gli uffici penali in attesa che la Cittadella della Giustizia venga realizzata. Uno degli avvocati, durante l’accesa discussione, ha rilanciato la proposta. Ma su questo Emiliano è stato tassativo escludendo la possibilità. «La nuova sede del Consiglio regionale appena terminata ha una funzione diversa, dovrebbe essere smontata e rimontata in un altro modo e questa cosa non è possibile, non avrebbe senso. Ci sono altri immobili - ha spiegato - il palazzo della Regione ha tutta un’altra destinazione, non esiste proprio». Il governatore ha risposto anche alle domande del passato, quando cioè la competenza dell’edilizia giudiziaria era del Comune. «Non c’era niente che si poteva fare. Abbiamo fatto tutto quello che la legalità prevedeva, altrimenti oggi ci saremmo trovati con una sede giudiziaria illegale». Emiliano si riferiva alla lunga controversia legale sul progetto di realizzazione della cittadella della giustizia dell’impresa Pizzarotti. Un progetto che non ha mai visto la luce.
«Abbiamo ribadito il nostro fermo no a Modugno e la necessità di una decretazione d’urgenza per superare problemi relativi a destinazioni urbanistiche non appropriate di immobili confacenti alle esigenze della Giustizia penale in città - ha detto il presidente dell’Ordine degli avvocati, Giovanni Stefanì che ieri, insieme al presidente della Camera Penale Gaetano Sassanelli, era in Prefettura - il prefetto ha assunto l’impegno di prospettare le nostre istanze al ministro».
Anche il presidente della Camera Penale, Gaetano Sassanelli, ha ribadito la necessità di «una soluzione chiara e rapida del problema con l’attribuzione di una destinazione urbanistica provvisoria ad uno degli immobili esistenti nella città di Bari di 15mila mq e vuoto. Noi vogliamo una risposta del perché invece - ha concluso l’avvocato - si continui a proseguire strade diverse e si acceleri il trasloco a Modugno che abbiamo spiegato essere una non soluzione perché imporrebbe di continuare a rinviare le udienze e a non fare i processi».